Regia di Seth Holt vedi scheda film
Nel panorama cinematografico mondiale Bette Davis rappresenta una vera anomalia, star di prima grandezza negli anni ’30 e ’40 (due Oscar per Figlia del vento e Paura d’amare), fu quasi dimenticata nei ’50 (famoso l’annuncio pubblico in cui chiedeva lavoro) per tornare poi alla ribalta nei ’60 con personaggi scorbutici, nevrotici e pericolosi.
Il suo volto rugoso e decadente, quasi zombesco, ha segnato l’immaginario di tutti noi, una maschera di terrore e ambiguità che l’attrice sfruttò al meglio in film importanti come Che fine ha fatto Baby Jane?, Piano, piano dolce Carlotta e Lo scopone scientifico, con classe e determinazione rilanciò una carriera che sembrava finita diventando nel contempo un’icona del cinema nero.
The Nanny (La bambinaia) rientra con pieno diritto in questo filone, un dramma con venature thriller e spiragli horror che il regista semisconosciuto Seth Holt dirige con mano sicura e stile asciutto, giovandosi della produzione low budget della storica casa inglese Hammer.
Un bambino difficile torna a casa dopo due anni di istituto psichiatrico, coinvolto nella morte della piccola sorellina (affogata nella vasca da bagno) rientra in un habitat famigliare “ostile” e ancora scosso dalla tragica vicenda, la madre si dimostra fragile e insicura, il padre è autoritario ma assente, al piccolo Joey (William Dix) non resta che la governante Nanny (Bette Davis), con la quale però non ha un buon rapporto.
In realtà il ragazzo odia profondamente la donna, la ritiene responsabile della morte della sorella e per questo teme per la sua vita, sospetta che l’efficiente Nanny (adorata dai suoi genitori) lo voglia uccidere, di conseguenza non mangia i cibi che prepara la governante e si barrica nella sua camera quando scende la notte.
Il film si regge quasi interamente sul duello psicologico fra questi due personaggi, un interminabile lotta tra gatto e topo dove i ruoli non sono definiti e non lo saranno fino alla fine, da una parte Nanny con la sua aria rassicurante e le buone maniere, dall’altra il piccolo Joey con il suo sguardo indecifrabile e i suoi scherzi crudeli (lo vediamo per la prima volta impiccato ad una trave).
Holt è bravissimo nel circoscrivere la crescente tensione nelle claustrofobiche mura dell’appartamento, un impostazione teatrale che privilegia i dialoghi ed una messa in scena essenziale ma molto solida, merito sopratutto della frizzante sceneggiatura di Jimmy Sangster, che ben delinea le figure in campo e la loro natura profondamente ambiguità.
The Nanny è un opera forse poco conosciuta ma di sicuro valore, un esempio quasi perfetto di thriller da camera che si giova di ottime interpretazioni e di un fascino dark non indifferente (ottima la fotografia in B/N di Harry Waxman), diversi sono i momenti da ricordare ma su tutti va almeno menzionato il duetto rivelatore tra Nanny e la zia Pen (Jille Bennett), magistrale sequenza costruita sul dubbio e sulla paura.
Di Bette Davis sarebbe quasi inutile parlare, di nuovo immensa in un ruolo per lei quasi naturale ma stavolta ancor meglio delineato, l’attrice è lontana dalla vigoria recitativa dei precedenti film (Che fine ha fatto Baby Jane? e Piano, piano dolce Carlotta) e questo le consente uno studio più sfumato del personaggio, la sua recitazione lavora per sottrazione e per questo risulta ancora più efficace.
Se vi piace il genere recuperate quanto prima questa versione thrilling di Mary Poppins.
Voto: 7.5
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