Regia di Susanne Bier vedi scheda film
Ida fa la parrucchiera e ogni giorno indossa una parrucca che le ricorda quanto poco tempo sia passato dall’ultimo ciclo di chemio. Philip ha fatto una fortuna importando frutta, e ogni giorno, inchiodato alla scrivania, volta le spalle a un quadro di limoni. Astrid e Patrick, i rispettivi figli, sono giovani, belli e innamorati al punto da imbastire il matrimonio dopo soli tre mesi di fidanzamento. C’è Sorrento, il teatro delle nozze, e c’è un solo weekend per accantonare il passato e rimettersi in gioco. Per i promessi sposi conta solo il futuro, che si rivelerà denso di telefonati imprevisti, mentre i genitori affronteranno repentini cambiamenti. Sciorinati come un elenco della spesa, fanno pensare più alla sceneggiatura sforacchiata che al colpo di fulmine. Non siamo Sotto il sole della Toscana, benché l’antica villa dove i personaggi sono ospitati voglia evocare quel “sapore delle cose semplici”. Non siamo neppure in Mamma Mia!, difatti Pierce Brosnan passa da manager dispotico a tenero spasimante in men che una canzone (ma resta “intonato”). Il viaggio in Italia della Bier pretende di sciogliere la neve nel cuore stipandolo in un microonde col timer innescato. A forza di appianare le dinamiche emotive, finisce col firmare una cartolina senza destinatario. Una commedia sul cancro o un inno alle gioie senza tempo, se ne concede troppo poco e livella le crisi sul patetico e le epifanie sul ridicolo. Concedendosi attimi di gratuita brutalità familiare, quelli cui ci ha abituati, che inseriti nella cornice favolistico/vacanziera sembrano attacchi di bipolarismo registico.
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