Regia di Susanne Bier vedi scheda film
L'unica cosa di Jensen presente in questo film sono i personaggi: caratterizzati con vivacità, arguzia, verve ottime e capaci di interagire fra di loro in maniera credibile e senza lasciare indietro nessuna delle figure principali, che non sono effettivamente poche (se ne possono contare per lo meno sette: gli sposini, i tre genitori più un'amante, la zia di Patrick). Ma al di là di uno sviluppo solido delle personalità e di qualche sfuggente lampo - drammatico o comico che sia - la sceneggiatura scritta dal genietto danese (con la collaborazione dalla regista per quanto riguarda il soggetto) mostra le corde ripetutamente e ampiamente, franando di continuo su banalità da fiction televisiva e con un certo compiacimento nel suggerire emozioni facili e nel mettere in scena espedienti altrettanto scontati e prevedibili (l'omosessualità di Patrick è, per esempio, pressochè sbandierata fin da quando il personaggio entra in scena: il che rovina il gusto della sorpresa del drastico 'coming out'). Drammatico o comico, si diceva: la forza del cinema nordico/scandinavo rimane sempre quella di saper coinvolgere il pubblico su entrambi i fronti, mettendo in scena le piccole e grandi tragedie e farse della vita quotidiana, mostrando come le une sono in fondo le altre, semplicemente osservate da un altro punto di vista; il cancro, il divorzio, la vedovanza, un matrimonio fallito in partenza non sono certo argomenti da prendere più di tanto alla leggera, eppure sotto questo profilo, nonostante i frequenti momenti ironici o addirittura ilari, la storia non riesce mai a essere superficiale o offensiva. Risulta, piuttosto, scontata e maldestra in un certo macchinoso procedere dell'intreccio nella parte centrale della pellicola, cioè in quella girata in Italia; a proposito vale la pena ricordare che il Belpaese della Bier non è poi tanto più distante di quello di Allen (del criticatissimo To Rome with love) dalla realtà: sole, mare, mandolini, vino, panni stesi, gente sempre allegra e sorridente. Che pasticcio per la premiatissima coppia che solo due anni prima aveva licenziato lo straordinario In un mondo migliore! Davvero peccato, nonostante i punti fermi - per il cinema danese, ma ormai anche a livello internazionale - nel cast come la Dryholm, la Steen o Bodnia e l'innesto non sempre efficace ma indiscutibile sul piano 'professionale' di Brosnan (bravissimo, certo, ma inverosimile nel fingersi commosso, con quell'espressione da eterno duro durissimo). Sì, peccato. 3/10.
Patrick e Astrid, Danesi, si sposano nella villa del padre di lui, in Campania. I genitori e gli amici li raggiungono; se il padre di Patrick, vedovo, è un uomo freddo e chiuso, quello di Astrid è goffo e brutale, e per di più ha portato con sè l'amante. La madre di Astrid, che pure ama ancora il marito, è tormentata dalla battaglia personale contro il cancro al seno.
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