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Love Is All You Need

Regia di Susanne Bier vedi scheda film

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La recensione su Love Is All You Need

di Spaggy
8 stelle

Qualcuno inviti Woody Allen a vedere Love is All You Need di Susanne Bier per capire come si può girare in Italia, omaggiando il paese ospitante senza realizzare una farsa piena di retorica e luoghi comuni. Pur realizzando una commedia sentimentale ambientata a Sorrento, la regista danese ne approfitta per costruire un'opera velenosa e politicamente scorretta senza essere mai volgare o scadere nel ridicolo.

Supportata da una sceneggiatura di ferro che non lascia nulla al caso e da un cast di attori in stato di grazia, la Bier parte da un canovaccio narrativo visto e rivisto: due giovani sposi stanno per sposarsi in Italia e i loro genitori di origini danesi li raggiungono per un paio di giorni di preparativi e festeggiamenti. In puro stile Dogma, la riunione familiare finisce per trasformarsi in un caos di rivelazioni e colpi di scena che rimettono in discussione ogni equilibrio.

Ida, la parrucchiera calva protagonista della storia e madre della futura sposa, è contraddistinta da un'ironia che stempera ogni situazione drammatica e patetica. Sagacia, cattiveria e superamento dei limiti del buon senso, sono le sue doti principali. Così come i suoi grandi occhi azzurri sono capaci di conquistare le schermo ad ogni battito di ciglia, la sua lingua non fa sconti a nessuno. Lasciando da parte il cancro contro cui ha lottato e non facendo mai pesare gli effetti della chemioterapia che ha subito, pietismo e benevolenza restano fuori dal suo carattere anche quando deve confrontarsi con un marito fedifrago colto in flagrante e una famiglia da tenere in piedi. Tenendo la storia sempre in sospeso sul filo dell'esplosione, accanto ad Ida si muove parallelamente Philip, imprenditore del settore agroalimentare e padre dello sposo. Dapprima sordido capitalista attento ai soli affari provenienti dal "settore dei ravanelli", Philip si rivela essere invece un uomo incapace di superare lo shock della morte avvenuta in circostanze drammatiche anni prima. Costantemente oppresso da una cognata che cerca di circuirlo in ogni circostanza, Philip trova il modo di ritornare a vivere grazie all'incontro con Ida.

La permanenza nella grande villa di Sorrento in cui il matrimonio tra Astrid e Patrick è programmato si trasforma lentamente in una scoperta continua. Mariti che si rendono conto di aver commesso l'errore più grande della loro vita, figli che per difendere le madri son disposti ad osteggiare i padri, rapporti madre/figlia al limite del cinico e del diabolico, scoperte di amore diversi e prese di coscienza delle proprie identità sessuali si palesano nell'arco di pochissime ore, tutte accompagnate da dialoghi che in altri contesti provocherebbero ulteriori drammi. Con la leggerezza della commedia, Susanne Bier affonda il coltello in tematiche che, trattate lucidamente, non appesantiscono il racconto e offrono una panoramica generale delle bestialità umane.

Grande merito della riuscita del film va all'attrice Tryne Dyrholm che non esita a mortificare il proprio corpo, mostrandosi senza capelli e con un seno martoriato in una scena di nuoto in mare che rimane impressa negli occhi di Phillip e dello spettatore. Rimanendo perplessi sull'uso della colonna sonora (un po' troppo scontata), le location scelte - costa, villa, limoneto e porticciolo - non sono mai meri ornamenti o stravaganze esotiche da catalogo turistico e fungono da coprotagoniste di un commedia corale in cui ogni personaggio ha una propria funzione narrativa atta ad assicurare l'appropriato lieto fine.

Voto: 8

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