Regia di Michele Rho vedi scheda film
nonostante mi mancassero i primi dieci minuti di film(o forse proprio per questo, ma ne dubito)è stato sfiancante arrivare alla fine di questo film, dalla fotografia molto bella che ha saputo ritrarre i protagonisti della pellicola che valga la pena di essere ricordati... i paesaggi. era da tempo che non assistevo ad una tale incapacità di dirigere gli attori e una pessima risposta da parte di questi alle esigenze del regista e della storia. cavalli vuole essere una storia di fratelli in un ambiente duro, orfani di madre(asia argento) e con un padre che prima li rifiuta a causa del dolore del lutto e poi cerca di riaverli intorno. la storia racconta il tutto e il niente di pietro(michele alhaique) e alessandro(vinicio marchioni)così diversi e così simili nella loro ricerca di un posto nel mondo. se il primo si realizza tra le montagne e diventa bravo ad accudire i cavalli e a ferrarli, il secondo invece vagabonda in città tra prostitute e il suo desiderio di varcare i patri confini alla ricerca di qualcosa che non è riuscito a trovare in città. l'isolamento tra le montagne e il rapporto tra i fratelli mediato dalla passione per i cavalli è risolto con uno svolgimento da soap televisiva che lascia basiti tanto è insistito. quando non riprende le montagne, il regista si trova come spiazzato e incompetente segue orme pestate e ripestate allo sfinimento, non riuscendo per nulla a piantare un seme anomalo nel cinema italiano. il fascino forestico di quelle montagne non si riflette per niente nelle persone che diventano d'incanto o buone- buone o cattive-cattive come i villain dei fotoromanzi.pippo delbono, andrea occhipinti e asia argento si prestano per avvalorare con le loro partecipazione più o meno corpose a fare da spalla a michele alhaique e vinicio marchioni che sono figurine palliducce palliducce all'ombra di montagne maestose e di un film molto sentito probabilmente(è dedicato al padre)e forse per questo troppo intimo per ragionarci sopra in maniera lucida. allo spettatore(a me almeno)non rimane che augurarsi che finisca presto, poichè nemmeno la curiosità di sapere come potrà finire una tale ecatombe di banalità visiva e vocale può sopperire ad un tale spreco di tempo.
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