Regia di Michele Rho vedi scheda film
«Fu subito chiaro a tutti che i cavalli avrebbero portato i due fratelli in luoghi diversi». Fratelli, luoghi, cavalli. Dal racconto omonimo di Pietro Grossi, contenuto nel suo fulminante libro Pugni (Sellerio), il regista esordiente Michele Rho e lo sceneggiatore Francesco Ghiaccio traggono un film anomalo nel panorama medio del cinema italiano contemporaneo, ma legato a una tradizione precisa di quello classico, che parla la stessa lingua visiva aspra del Pietro Germi “siculo” e del Giuseppe De Santis di Uomini e lupi. Fine Ottocento, Appennino: due fratelli, Alessandro (Vinicio Marchioni) e Pietro (Michele Alhaique), un padre severo, scelte e destini distinti. Il primo è brusco e irrequieto come un cavallo selvaggio, il secondo responsabile ed equilibrato come un sauro adulto. Crescono entrambi tra quadrupedi e montagne, con in testa una diversa idea di “frontiera”. Cavalli è un western mascherato con tanto di imboscate, botte nel saloon, schioppettate tra buoni e cattivi. Il capo di questi ultimi ha il grugno irresistibile di Pippo Delbono. Discutibile la scelta di cambiare il nome dei ragazzi, rinunciando ai Natan e Daniel del racconto che tanto sapevano di Melville e Bibbia; e non sempre è nitido per lo spettatore il senso dello scorrere del tempo, come se le ellissi narrative fossero a volte repentine. Detto questo, Michele Rho, che gira tra la Val D’Elsa e il Gran Sasso, ha un’idea di cinema avventurosa e la sua è una bella opera prima.
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