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Cavalli

Regia di Michele Rho vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Cavalli

di mck
7 stelle

Cavalli, e ... pugni.

 

Addomesticare i figli, domare i cavalli.

 

Prima, i due fratelli vedono dalla finestra i due cavalli portati per le briglie dal padre, poi, dalla stessa finestra il padre vede i due fratelli a cavallo degli stessi tornare : e "dalla finestra" è una delle cose più western che ci sia.

 

La citazione iniziale da Cormac McCarthy ( " l'ordine impresso nel cuore dei cavalli era più durevole perchè era scritto in un posto in cui nessuna pioggia poteva cancellarlo " : fin troppo 'poetico' per essere McCarthy...fatto salvo quell'...Ordine...) è significativa, dato l'autore, ma non mi sembra la più adatta ed evocativa. Eccone un'altra, toh, giusto perché quest'opera cinematografica è nata da una letteraria, una novella di Pietro Grossi, e allora :

" Mio padre è sepolto a meno di duecento metri da dove sediamo ora. Vado spesso alla sua tomba e gli parlo. Gli parlo come non ho mai potuto parlargli quando era vivo. [...] Ho cominciato a leggere quando avevo cinque anni e mai nessuno mi ha tolto un libro di mano. Mai. [...] Piccoli uccelli del deserto volavano cinguettando tra gli arbusti e il cavallo, il cavaliere e l'altro cavallo passarono di là seguiti dalle loro lunghe ombre attaccate come fossero l'ombra di un solo essere. Passarono e svanirono nella terra sempre più scura, il mondo a venire ".

All the Pretty Horses - guida editori - trad. R.Duranti ( ora reperibile Einaudi )

 

Qui le strade dei due cavalieri cavalcanti divergono a 180°, ma " la strada di casa la si ritroverà sempre "..,.. " in un mo(n)do diverso per ognuno di noi ".

 

 

Rispetto alle due belle recensioni che mi hanno preceduto, di @ogm e @lorcio, a parte il giudizio sintetico finale, 2 e 3 stelle loro, 4 io ( che il 3 e mezzo d'incoraggiamento e ... speranza non v'è ), sono in disaccordo sopratutto con la riuscita delle due diverse parti che compongono il film : il primo terzo, dell'infanzia, è stato giudicato il più riuscito : pur riconoscendogli doti di rappresentazione e di introduzione stringata e riassuntiva ma in perfetto equilibrio interno, per me sono i due terzi finali della seconda parte, la vita adulta

 

  { con un ottimo Vinicio Marchioni ed un senza esagerare grandioso Michele Alhaique, una splendida e brava Giulia Michelini struccata ed il binomio paterno Duccio Camerini-Cesare Apolito che giganteggia sottraendo, un Pippo Delbono che ho detto tutto e tanti, tutti gli altri : Asia Argento è...ingombrante ma s'immedesima bene, forse solo Andrea Occhipinti si ritrova ad essere un po' arrugginito [ magari Rho ( che comunque si vede e si capisce che non è caduto dal Pero - questa la comprendono gli Alto Milanesi e qualche camorrista, e gli alto milanesi camorristi ) non c'h'avuto il coraggio, il tempo, la possibilità di dire : " ok, buona, però proviamo a rifarla, eh ?! " ], e per fortuna le prostitute c'hanno i peli sotto le ascelle, unforgiven docet },

 

 i migliori : la pellicola ad un certo punto 'si apre' e spicca il volo : il finale poi è tronco, certo, ma, a differenza di quel che penso di solito di certi ( mi si passi il termine relativizzato ad altri contesti ) capolavori, ovvero che ci sarebbe spazio e posto per un'intera serie televisiva, qui il discorso è compiuto e non mi spinge a necessitare del passo lungo della serialità...e non è un difetto : l'opera è bella in sé così com'è...che bastano le ellissi temporali ( uno specchio, la barba, la neve, le foglie, un puledro, un paniere di pesci riverso sull'erba del prato d'intorno la casa ad accogliere mosche : è tutto tempo che passa...e si vede, lo si sente, lo si percepisce chiaramente ) a tracciarne i giusti confini.

 

 

" Di voi non si occuperà più nessuno...

 

La madre muore, il padre rimane solo coi due figli ai quali porta in responsabilità due cavalli, ricavandosi nel dolore lo strazio di sopravvivere e cavando da quel che gli avanza della vita il ruolo di genitore. Il fratello grande va in città e s'impegna l'orizzonte verso il confine e l'amor profano, il fratello piccolo resta alla casa e s'inizia a costruire una famiglia con una sposa di sempre ed un allevamento con una giumenta fattrice.

 

...voi vi occuperete di Loro ".

 

 

Il primo paragone che m'è insorto, del tutto sincero ed automatico, è con il Cono d'Ombra italico incorporato nel the show must go off (un suicidio auditeliano : dalle 23:30 di rai tre tre/quattro volte la settimana per un'ora alla prima serata del sabato (?!?) su la7 per tre ore), recuperabilissimo sul tu-tubo : il Suco Eterno di NonnaMmerda, lo Zio Cuggino, facchèmmorino, morti lenta di dolore eccetera eccetera. Ma il film c'è, e a me - toh, l'ho detto, fatto, scritto - è piaciuto tanto. Mentre l'arrivo-non arrivo in città mi ha ricordato...A Bug's Life, A.I., Moulin Rouge, e lo scaval-c/l-amento della collina di A Torinói ló ( qui un fratello arriva in città e l'altro no, in Tarr Béla la città è spazzata via dal vento ed oltre l'orizzonte del poggio, del dosso, del colle, della curva speculare inversa della schiena del cavallo...non c'è più alcun posto dove andare-arrivare ).

 

Ma il paragone pertinente è senz'altro quello con i due soci e compagni d'impresa di DeadWood ( tre stagioni dal 2004 al 2006, l'ultima inedita da noi sia in chiaro che in dvd ) di David Milch e Walter Hill, ovvero Timothy Olyphant (marchioni) e John Hawkes (alhaique).

 

E siccome son partito, arrivo a dire che Pechkinpah ( qui, al posto di scorpioni e formiche seviziati dai bastoncini infuocati dei ragazzini c'è un verosimile lupo a 'farne le spese' colpito da un fucile per ora immaginario ( poi verrà quello vero, e basterà il Gesto a piegare almeno uno dei due Cattivi, una Bestia Umana... ) ), Leone, Hellman, Pollack, Altman...ed ovviamente Germi e DeSantis ( e perchè no DeSeta, Martone, Diritti, Piavoli e Brenta ) avrebbero-avranno gradito.

Belle musiche di Nicola Tescari ben utilizzate ( ovvero non troppo ) e ben inserite.

 

 

Ripeto qui in esergo, in basso sul bordo, quanto già citai ed usai di Percival Everett in coda a true grit dei coen, che riassume alla perfezione ed in maniera magistrale quello che penso del western.

Avevo da sempre una mia teoria sul Western U.S.A. ma non ero mai riuscito a tradurla in parole così bene come fino a quando non incrociai questo scritto di Percival Everett - God's Country - 1994 ( Nutrimenti, 2011, trad. marco rossari ) : 

" Non sono mai stato un grande appassionato dei western americani sebbene riconosca che facciano parte del grande mito del mio paese. E così un giorno ho pensato di sfruttare questa forma per indagare il mito alla radice. Mi interessava capire in che modo gli americani vogliono vedere sé stessi, mi interessava esplorare il racconto di frontiera. Tutti i western sono artificiali, autentiche falsificazioni, nessun western è una rappresentazione storica autentica, nemmeno quando trattano di avvenimenti realmente accaduti. Ho dissezionato oltre un centinaio di film e altrettanti romanzi western in modo tale da poter fare mio quel tipico modo di parlare, soprattutto quei cliché. Volevo che venisse fuori una lingua familiare, qualcosa che suonasse reale e irreale allo stesso tempo, proprio come nei film western. Ero consapevole che stavo scrivendo una parodia di quel genere, una demistificazione che parte da un'unica certezza : nelle nostre menti c'è e sempre ci sarà un mitico vecchio West ".

 

- Una cosa te la devo dire, sono stufo di scavare buche.

- Ci credo.

 

E vale per la Monument Valley come per la cappadocia, le ande, l'outback e l'abruzzo.  

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