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A.C.A.B. - All Cops Are Bastards

Regia di Stefano Sollima vedi scheda film

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La recensione su A.C.A.B. - All Cops Are Bastards

di EightAndHalf
8 stelle

Cosa c'è dietro i caschi blu dei "celerini-figli-di-puttana" che sottoposti sempre a rischi di ogni genere sentono rovesciati sulle loro spalle e sugli scudi in dotazione il peso di un mondo trafitto dall'odio e dalla confusione? Non certo individui allegri, vivaci, che possano trovare ordinata e non paradossale la scelta del loro stile di vita, sempre segnata da congiunture di odi e rancori; ma neanche uomini freddi, bestiali, che prendono alla leggera la decisione, nell'immediato, di prendere a manganellate un tipo violento che può averli aggrediti o meno prima, cosa che troppo spesso non fa differenza. Mettersi pro o contro i celerini sarebbe stata una scelta schematica, aprioristica, priva di un vero ordine nell'osservazione virile e compatita di un disordine umano e sociale, e per questo Sollima, figlio d'arte e autore di Romanzo criminale - La serie, sceglie un ritmo rovente ben calibrato fra tensione morale e durezza delle immagini per scardinare i luoghi comuni inerenti le masse di poliziotti che oggi soprattutto (e per molto tempo ancora) affrontano e affronteranno masse altrettanto indefinite di giovani o vecchi delusi nelle loro speranze più o meno basse, distrutti nei loro sogni, affrontati nella maniera più impassibile possibile da parte della polizia. E i problemi scatenati dal film, che ha il pregio di non dare direttive e immettere immediatamente nella confusione totale del nostro Stato attraverso i fatti di cronaca che tutti conosciamo, non sono solo sociali, ma soprattutto umani, dovuti non solo ai fatti privati dei protagonisti (che dimostrano di essere abili anche in ruoli decisamente drammatici) ma anche alle loro pulsioni violente che li spingono, più di una volta, a fare quello che non si dovrebbe fare. Non proviamo simpatia per loro perché agiscono contro individui che "meriterebbero" di subire violenza, sarebbe una scappatoia caratteriale che tradirebbe il realismo evidente con cui tutto viene messo in scena; in realtà non proviamo simpatia per nessuno, perché il realismo di Sollima fa dimenticare il suo stile patinato e a tratti troppo convinto di sé: ma proviamo terrore per loro e per tutti, per noi stessi che siamo dentro il film e possiamo approcciarci ad esso secondo la nostra differente posizione sociale, poco scalfiti da quelle verità di cui i telegiornali amano parlare o abbastanza colpiti da ciò che osserviamo perché siamo tifosi di calcio, perché abitiamo case sul punto dello sfratto, perché abbiamo subito un'aggressione da un romeno e pensiamo che sia colpa di tutti i romeni immigrati, e che fra di noi siamo tutti stinchi di santo. C'è una tensione morale, nei protagonisti, che non li riduce a bestie, ma neanche a figurini, perché il loro cameratismo si addossa le responsabilità delle proprie scelte come presupposto ad azioni non proprio corrette come la violenza contro un individuo senza considerazione o altro. E Sollima sembra divertirsi a non dare via d'uscita, ed è un po' come il reale cronachistico e quotidiano che non dà speranze alternative, nonostante paradossalmente (e purtroppo) nel film sopravvivano toni fatalisti (i quattro protagonisti erano presenti direttamente alla scuola Diaz nel G8 di Genova) e snodi narrativi poco convincenti, piccole consolazioni spettacolari a un disagio fisico e morale che non tutti i film hanno il coraggio di avere. Non che A.C.A.B. sia un film che cambierà la storia, non che possa non essere apprezzato per le sue dure verità (perché facciamo tutti presto a dire che il film dice cose giuste e quindi è bravo), ma perché manca di ipocrisia, e sebbene utilizzi delle facce note (che indeboliscono il soggetto attuale, diversamente da come avveniva nei più scogniti individui di Diaz - con rare eccezioni -) sa essere abbastanza universale, anzi, nazionale, nell'allargare lo sguardo e nel mantenere un equilibrio registico ammirabile. Da non sottovalutare neanche il tono virile ma mai machista, impetuoso ma mai compiaciuto, perché sotto sotto loro si divertono, ma il più coatto dei coatti poi si accorge di stare sbagliando.
La cosa più interessante è che in ogni scena c'è sempre qualcuno che osserva, che guarda, che può esperire quella data situazione, e decidere più o meno di intervenire, mettendo a disagio lo spettatore, senza giungere a chissà quali conclusioni esistenziali. Un film insomma coinvolgente che sa fare della contingenza sociale dell'oggi qualcosa dal sapore definitivamente amaro e che ha il rassegnato coraggio di non dare risposte.

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