Regia di Stefano Sollima vedi scheda film
Il passaggio da Il Libanese, Il Freddo e Il Dandy a Mazinga, Negro, Cobra è stato naturale. Stessa furia urbana, Roma come ombelico di un corpo-stato in disfacimento, stesso regista Stefano Sollima e stessi sceneggiatori della serie televisiva Romanzo Criminale nata dalla penna di Giancarlo de Cataldo e approdata poi al cinema con Michele Placido.
A.C.A.B è un acronimo in uso in terra di Hooligan, Tutti i poliziotti sono bastardi, significa e ha in nuce una mitologia di guerriglia urbana nata come corollario demente alla passione sportiva, coltivata a suon di coltellate, sampietrini e spranghe nei piazzali antistanti gli stadi. Una squadra della Celere, la Squadra Mobile della Polizia impegnata in operazioni antisommossa, è composta da un manipolo di agenti dediti a atti di violenza e azioni al limite della legalità. Le vite già allo sbando di questi personaggi è messo in difficoltà dall’arrivo di una giovane e onesta recluta da addestrare alle dure regole del “branco”.
Il film di Sollima ispirato dall’omonimo romanzo del giornalista Carlo Bonini, è rabbioso e sporco. Fortemente impregnato di crudo realismo senza però farsi portatore di messaggi o facili morali è molto più vicino ad un film di genere che ad un qualsiasi film di denuncia. Le facce sono segnate, il pesante accento romanesco estratto vivo dal corpo delle periferie dismesse, il soprannome è un distintivo quanto la divisa. Un’altra identità è quella che nasconde le generalità istituzionali per sostituirle con un nome da battaglia, sintesi di una personalità nata chissà quando e perché e poi dimenticata.
Le vicende del Negro, di Mazinga e Cobra agenti della Celere di Roma sono scandite da una quotidianità brutale, soffocante e ingiusta. La fratellanza dei tre amici è sorretta da una logica di sopraffazione che faccia giustizia, sommaria, della sporcizia, ideologica, che si annida nella disperazione dei quartieri popolari ma soprattutto che faccia da rivalsa a storie personali segnate da inevitabili fallimenti.
Non è un film astratto, A.C.A.B. e con la parte malata dello sport non c’entra quasi nulla, piuttosto pur essendo un racconto di finzione è calato pesantemente nella contemporaneità il cui sguardo privilegiato, quello dei poliziotti, è solo una parte di un tutto ugualmente malato e tragico. Tutti contro tutti, conflitti di classe, di razza, di miserie. Diritti negati, populismo lasciato a marcire alla disperazione dei reietti fino a degenerare nell’insofferenza ideologica e quindi alla punizione fisica. La storia di finzione si intreccia nella cronaca vera degli stupri da parte di senzatetto, dei tifosi uccisi da poliziotti e poliziotti uccisi da tifosi, le bande armate organizzate in spedizioni punitive. Ciò che muove tutti i personaggi è la necessità vitale di un nemico per affermare la propria esistenza affrancandola dall’umiliazione e la solitudine
I poliziotti della Celere non sono i buoni, non sono neppure i cattivi. Sono come gli altri, gli albanesi, i marocchini, i rom, i borgatari e i poveracci, tutti personaggi privati delle radici e gettati in pasto l’uno all’altro da una società fuori controllo.
Grande regia di Sollima, nervosa e dalla fotografia evocativa soprattutto nelle scene notturne, umide e malsane che astraggono il punto di vista di una nevrotica città ormai irriconoscibile fino alla stilizzazione. Sospensioni dolorose si alternano a secche ellissi narrative serrate sull’azione-reazione, focali strette sui volti, orizzonti limitati all’urgenza del momento. Nulla toglie al valore del film qualche tentazione verso una messa in scena più televisiva in qualche passaggio, almeno un personaggio inutile – il politico inerte – e qualche verbosità di troppo che spiega ciò che le immagini lasciano già intendere con il rischio di una qualche giustificazione delle azioni violente dei protagonisti. Tentazioni tenute a freno con mestiere e una chiusura dai toni surreali che riporta la guerriglia urbana ad una connotazione primordiale post apocalittica, in cui le fiere accerchiate dalle ombre diventano prede elevando alla massima potenza l’ideale di machismo gladiatorio che connota la “fratellanza” dei poliziotti.
Grandi attori Marco Giallini, Filippo Nigro, Domenico Diele, Andrea Sartoretti, Pier Francesco Favino che danno corpo e soprattutto la faccia a scomodi personaggi antieroici. Colonna sonora da urlo con White Stripes e Chemical Brother che impastano le immagini dei suoni acidi e musiche originali di Mokadelic.
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