Regia di Laura Morante vedi scheda film
Il titolo, buttato lì con casuale malizia, suona come un veniale vezzo femminile. Un piccolo assaggio della sensualità frenetica e psicanalizzata di questa vicenda sentimentale ma non troppo, a base di amori contrastati fraintesi e di amicizie maldestre e pasticciate, fatte apposta per complicare la vita. Amanda è androfoba: ha paura degli uomini, soprattutto di quelli da cui si sente attratta, e con i quali corre dunque il pericolo di iniziare una relazione. Con Bertrand continua a rinviare la convivenza, e intanto non fa che criticarlo apertamente per il suo comportamento egoista, rinfacciandogli persino la ciliegina decorativa che si è mangiato durante una serata al ristorante. Intanto, intorno a lei il mondo ruota vorticosamente, tra coppie scoppiate, famiglie alternative, omosessuali in crisi, e una conseguente grande confusione nella testa. Le premesse sarebbero ideali per un dramma in stile nouvelle vague, se non fosse per il carattere decisamente arruffato di questo ritratto di costume, tirato per i capelli dalla smania di far della nevrosi un genere cinematografico d’autore. Laura Morante si butta a capofitto in un cocktail di luoghi comuni passati al frullatore, illudendoci che quel sordo turbinio di problemi comuni e mediocri sia l’eco moderna di una poesia intimista. In realtà, questa commedia degli equivoci di sapore freudiano si mantiene entro il registro casereccio della sitcom, della quale, peraltro, non riesce a riprodurre lo spirito comico, né, tantomeno, l’ironia a sfondo sociale. La “malattia” della protagonista è l’unico spunto in un racconto che manca fondamentalmente di storia, e nel quale gli altri personaggi fanno soltanto da spalla alle inconcludenti peripezie esistenziali di Amanda. Lei è inadeguata, ma gli altri personaggi non sono da meno, e la favola di un cuore solitario che combatte per potersi aprire è l’unico fragile filo conduttore in una successione di situazioni che guardano altrove, nel vuoto, senza poter dire nulla di interessante. Il film è visibilmente “sentito” da chi l’ha scritto, diretto e interpretato, ma la partecipazione emotiva della autrice/regista/attrice principale rimane confinata in una sfera individuale a cui non ci è dato di accedere, e che forse si compiace anche un po’ della propria ermeticità. L’esordio di Laura Morante dietro la macchina da presa è un’opera gradevole, delicata e sincera, ma stilisticamente molto incerta, e non molto ricca nella sostanza. L’eroina di La cerise sur le gâteau è la principessa di una fiaba che sogna sbadatamente. E, mentre è tutta presa dalle proprie romantiche frustrazioni, si dimentica di spiegarci per bene ciò che prova.
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