Regia di Laura Morante vedi scheda film
Evidentemente si è trattato di un sogno mancato, lo stesso di cui, durante l’inizio del suo film ci dice, la bella e brava attrice Laura Morante: “Il sogno delle donne: avere un amico gay”. E non poteva restare solo un sogno? Perché dirlo attraverso un film, brutto, inutile e raccontato male?
Per la prima volta dall’altra parte della macchina da presa, Laura Morante, racconta la storia di Amanda, una donna che ha sempre avuto con gli uomini dei rapporti complicati, giudicandoli irreparabilmente inaffidabili, guardandoli con sospetto, pronta a cogliere i primi segnali di qualsiasi debolezza, dal tradimento, all’indifferenza. La donna, secondo il marito della sua migliore amica, Florence, uno psicanalista, Amanda è affetta da androfobia, la paura degli uomini, perciò, per lei qualunque inezia diventa pretesto per interrompere le sue relazioni con gli uomini. Ma la sera di un fine d’anno accade qualcosa di insolito: Antoine, un uomo incontrato al veglione organizzato da una collega di Florence, diventa uno dei pochissimi uomini verso cui Amanda sembra provare altro, rispetto a ciò che fino ad allora aveva provato nei confronti di altri uomini, tant’è che Florence è stupita per tutto ciò. In realtà, vittima di un equivoco, Amanda è convinta che Antoine sia gay, quindi innocuo. Quando Florence si rende conto del malinteso, il marito psicanalista la dissuade dal disingannare Amanda. Quindi, Amanda stessa sarà la causa per convincere Antoine a fingersi gay.
Un film sulla banalità del’equivoco, che può sfociare nel male. Questo può cominciare, casualmente, proprio durante una serata di capodanno, come simbolico annuncio di un nuovo inizio. Durante una cena, in un ristorante, con tanto di scambio di doni, in cui l’inizio della fine comincia proprio attarverso una discussione partita proprio dal frutto candito cui è dedicato il brutto titolo del film.
E’ difficile comprendere come un film come questo possa aver ricevuto anche il contributo come film di interesse culturale. Cos’ha di culturale questo film? E poi, cos’è Ciliegine: una parodia di commedia romantica? Un ammiccare continuo a romanzi, da “Gradiva” di Wilhelm Jensen, alla favola “la Bella e la bestia”, fino ai fumetti “Peanuts” di Charles M. Schulz? Difficile darsi una risposta.
Degno di nota l’imbarazzante ruolo di Ennio Fantastichini, che interpreta un arabo, e che parla l’inglese come uno dei principianti dei corsi al “Lord Byron College”. Neanche l’unica e bella fotografia del film, insieme alla mediocre colonna sonora di Piovani, valgono il prezzo del biglietto. Sarebbe un errore gridare alla morte del cinema italiano. Essendoci in contemporanea, nelle sale il bel film di Daniele Vicari e l’importante film di Marco Tullio Giordana. La Morante: una grande attrice.
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Anche se ho un giudizio meno radicale del tuo, condivido di base i difetti che hai rilevato, in particolare mi sono fatto la tua stessa domanda: come fa un film di questo tipo a ricevere il contributo come film di interesse culturale: forse è sufficiente chiedere i fondi per averli? Quali saranno i criteri che determinano l'assegnazione o meno di questi fondi? Non ho nulla contro la Morante che è tra le mie adorate attrici preferite e che riesce a recitare benissimo anche in questo film che ha diretto, ma ho trovato troppo stucchevoli le trovate registiche (la pioggia di petali con Antoine e la moglie che passano dietro un albero con dissolvenza incrociata sull'immagine successiva è terribile e non ho digerito la dissolvenza sul volto illuminato della Morante che vuole fare emergere gli occhi luccicanti in maniera inverosimile), troppo forzato e banale l'equivoco che è al centro del racconto. Sono d'accordo anche sul brutto titolo del film che sembra troppo debole e che viene citato come titolo del libro del marito di Florence, ma che non è emblematico né chiave di lettura del racconto.
ho visto il film e lo dimenticherò prestissimo. Condivido la tua opinione sulla struttura del film. Per quanto riguarda il contributo pubblico al film e i criteri di assegnazione penso che sia tutto un sottobosco clientelare che prescinde del tutto dalla natura dell'opera finanziata. Ricordo che "Senso 45" quasi un pornazzo patinato ha ricevuto il finanziamento pubblico!
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