Regia di Marcos Siega vedi scheda film
Voto: 7,5/10
Pubblico: imdb 6,5/10 – metacritic 7,9/10 – rottentomatoes 3,4/5 –filmtv (IT) 3,0/5 –allociné (F) 3,2/5 – screenrush (UK) 3,0/5 – moviepilot (DE) 5,8/10 – kinopoisk (RU) 6,3/10 – mtime (CI) 7,1/10
Critica: metacritic 45/100 – rottentomatoes 4,9/10 – filmtv (IT) DISCRETO –screenrush (UK) 2,4/5 – moviepilot (DE) 5,5/10
Dizionari: maltin 1,5/4
Merita assolutamente una visione (ora che, stando a quello che mi risulta scorrendo il palinsesto di Rai4, è stato finalmente doppiato nella lingua di Dante o di Lapo Elkann…) questo ennesimo esponente del genere ghost-movie, naturalmente non nel senso di film sui fantasmi ma di film fantasma: diretto da Marcos Siega (regista soprattutto di episodi di serials, come “Veronica Mars”, “Shark”, “True blood”, “Cold case”, “Dexter”, “The vampire diaries”), fu (il passato remoto è d’obbligo) selezionato, in competizione, al Sundance e a Deauville nel 2005. Si tratta di una piccola e deliziosa commedia politicamente scorrettissima che segue la vita della liceale Kimberly Joyce (interpretata in modo sublime da Evan Rachel Wood) e delle sue malefatte. In effetti, a Los Angeles e dintorni, tutti vogliono diventare attori e questo è il sogno anche di Kimberly: il film si apre proprio su uno dei tanti loschi provini nel quale la ragazza deve “interpretare” la parte della ragazza francese con tanto di baguette… L’idea è quella di accusare di molestie sessuali il pur innocente (anche se non è del tutto estraneo a qualche pensierino, se è vero che fa vestire sua moglie con la stessa divisa delle sue studentesse!) professore Percy Anderson (Ron Livingstone) coinvolgendo due sue compagne, la canadese Brittany e l’araba Randa, così da attirare i riflettori dei media (ed in particolare di una vanitosa giornalista) su di sè. Fino a che punto si spingerà per raggiungere il suo obiettivo? La pellicola sembra partire sui consueti binari di una commedia per teen-ager ma ben presto il cinismo della manipolatrice, razzista, egocentrica Kimberly si manifesta causando tutta una serie di effetti collaterali non prevedibili. Più che discreta la messa in scena, brillante la sceneggiatura (di S. Halim): tra le sequenze più riuscite, quella della cena di Kimberly col padre (bravissimo James Woods) separato e fuori di testa (causa “persecuzione degli ebrei”), e relativa nuova baby-compagna, e quella finale, che naturalmente non svelo, in cui Evan raggiunge l’apice. La critica alla società (il rapporto con le altre culture, l’invadenza dei media, la sanità made in USA) non sarà incisiva come in altri prodotti, ma è presente in più punti anche mediante delle battute al vetriolo che fanno perdere di significato al termine diplomazia: alcune delle più riuscite le riporto di seguito.
Kimberly spiega a Randa il loro rapporto d’amicizia: “E’ come abbiamo visto in biologia per la balena e il pesce che le vive addosso. Se rimani con me, i ragazzi ti guarderanno. E accanto a te sembrerò più bella”.
K. a R.: “Rispetto tutte le razze ma sono orgogliosa di essere nata bianca. Per una donna è la miglior razza, soprattutto volendo diventare attrice, come me. Non fossi bianca, vorrei essere asiatica […]. Ultima, ma senza offesa, sarebbe la razza araba. Non siete in una posizione molto invidiabile. Ci sono molti pregiudizi. Da quando ti conosco non t’ho mai visto posizionare una bomba e non sembri cattiva. Ma la gente ti prenderà in giro, anche per quel velo che tieni sulla testa…”
Durante una lezione, prof Anderson: “Miss Joyce, non dovrebbe esserci che una sola conversazione qui, la mia”. K: “Tecnicamente, questa non è una conversazione”.
Brittany a R.: “So come è dura essere un’immigrata: io sono canadese”.
B. a K.: “Non vorrai farci scrivere delle lettere ad Amnesty International!?! Quella gente merita d’essere in prigione!”
K. a B. e R.: “Parliamo del nostro futuro: io e Brittany vogliamo diventare attrici: tu Randa dove di vedi tra 10 anni?”. R: “Vorrei diventare medico, per aiutare la società e soprattutto i poveri”. K.: “E’ molto bello, ma negli USA i medici non aiutano i poveri. Spero che tu non stia insinuando che le attrici non aiutano la società: girano film con messaggi importanti e fanno beneficenza. E poi per diventare medico bisogna studiare, per diventare attrice no: ci vogliono talento, determinazione e andare a letto con le persone giuste.”
K. a R.: “Qual è la cosa migliore degli USA?”. R.: “Sylvester Stallone?”. K.:“No, la libertà: compresa quella di denunciare qualcuno, non importa quando o per quale motivo: e anche se le accuse sono false, puoi rovinargli la reputazione a vita”.
Magnifica, non sbaglia un colpo.
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