Regia di Jan Svankmajer vedi scheda film
Specchiarsi uno nell’altro per (auto)distruggersi a vicenda. Farsi massa per rinunciare alla propria identità pensante, e lasciarsi coinvolgere in un assurdo gioco al massacro. Jan Svankmajer esemplifica il fenomeno riferendosi al calcio: quella che si disputa in questo cortometraggio è una strana partita, in cui i giocatori e lo spettatore che li guarda in tv hanno tutti la stessa faccia, e appaiono affetti dalla medesima cinica volontà di morte: un impulso irrefrenabile che spinge i primi a sfasciarsi reciprocamente la testa, ed il secondo a ingurgitare una smodata quantità di alcolici e dolciumi mentre sta con gli occhi incollati al teleschermo. La crudele uccisione dell’avversario (con l’aggravante della perversione, visti i complicati metodi utilizzati) è l’effettivo scopo dell’incontro: il punteggio basato sui gol è infatti sostituito dalla contabilità dei morti, che abbandonano il campo per essere rinchiusi in bare dipinte nei colori delle rispettive squadre. La vittoria nei giochi virili si basa sul bilancio delle vittime, ossia sul reciproco annientamento che va di pari passo con l’azzeramento della capacità di giudizio: l’unione è sinonimo di sconsiderata omologazione, e fa la forza della stupidità. Non c’è differenza tra chi combatte e uccide, e chi si accalca sulle gradinate per fare il tifo, o chi si chiude in casa per godersi lo spettacolo. Tutti sono ugualmente colpevoli, perché tutti contribuiscono, attivamente o passivamente, ad alimentare, con la loro partecipazione, una dissennata voglia di fare la guerra. In quest’opera la cartapesta di Svankmajer è materia organica macerata nell’assenza di pensiero, resa molle e friabile dal mancato sostegno della ragione: sotto l’azione di martelli, forbici ed altri attrezzi, le scatole craniche si aprono e si afflosciano come gomme vuote, con il tipico effetto plastico dei cartoon: un effetto che in questo caso, però, si applica ad una corporeità spolpata dalla estromissione dell’anima.
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