Regia di Jan Svankmajer vedi scheda film
L'uomo fatto di metallo, di attrezzi, incontra l'uomo fatto di cibo e lo mangia, vomitando i suoi residui. L'uomo fatto di libri, pittura, strumenti di studio, incontra l'uomo fatto di metallo e lo mangia, vomitando i suoi residui. L'uomo fatto di residui di cibo incontra l'uomo fatto di libri e lo mangia, vomitando i suoi residui e così via. Fin quando i residui non vomitano l'uomo che non mangia più ma vomita solo.
Due individui fatti di argilla mischiano i loro corpi in una sorta di danza amorosa, quando si staccano un pezzo di argilla avanza come risultato del loro rapporto, non è di nessuno dei due e perciò entrambi lo rifiutano, vogliono rilegarlo a l'altro, se lo lanciano addosso, la loro diventa quasi una lotta per il rifiuto di quel pezzo di argilla che li porta a distruggersi.
Da un cassetto di una scrivania escono due teste umane che lentamente iniziano a compiere dei gesti semplici ma ripetitivi. Questi gesti, con l'aumentare della frequenza e della velocità, iniziano a confondersi, a sfociare in azioni insensate e, volendo, dannose per entrambe le teste. Ma queste due continuano nel loro "lavoro", i gesti diventano sempre più confusi e insensati e le teste divengono sempre di più simili a delle poltiglie.
Queste sono le tre dimensioni del dialogo secondo Jan Švankmajer che lui stesso intitola, rispettivamente, "dialogo infinito", "dialogo appassionato" e "dialogo estenuante". Tre modi del rapporto umano che secondo l'autore interpretano il processo testimoniato dopo l'avvento dell'era digitale: il passaggio dalla differenziazione all'uniformità.
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