Regia di Barry Sonnenfeld vedi scheda film
Riesumare salme in putrefazione, strappandole alla preziosa opera degli insetti necrofori della mente che erodono memorie avvolgendone i frammenti che ne rimangono in una sorta di sigillante sudario-limbo che non deve essere violato, rivela la natura zombesca dei (furono) grandi studios americani.
Riprendono un corpo, già bell’e sepolto da un decennio (nella sua ultima, pessima manifestazione), lo truccano, lo arricchiscono di effetti (poco “speciali“, ammesso che il termine abbia ancora un senso) e di ornamenti vistosi quanto superflui (il dannoso/dannato 3D), lo aggiornano alle mode/manie del momento (l’”aliena” Lady Gaga; la tizia alquanto volgarotta delle Pussycat Dolls), e il servizi(ett)o è completo.
Abbiamo un film.
Che poi si riveli un morto vivente, un vivificato morituro, un morto morente - dall’ultima esalazione dilatata a forza in un delirio di esaltazione cartoonesca -, un cadavere deforme che cammina goffamente e zoppicando lungo prevedibilissimi sentieri, battuti e ribattuti, riciclati e ripittati, appoggiato beatamente sulle costosissime stampelle fornite gentilmente dalla megaproduzione, a chi importa, suvvia. L’incasso innanzitutto, il resto sono solo chiacchiere e congiuntivite.
Quella che ci si può beccare con gli occhialetti.
Cape Canaveral, abbiamo un problema.
Già, che ci s’inventa ora? Mostri dall’ignoto spazio profondo che minacciano di distruggere la Terra? Armi sempre più tecnologicamente all’avanguardia? Gli eroi in nero che eroicamente s’immolano erogando magnanimità per la salvezza del pianeta (tanto so’ di gomma)? Bizzarrie a gogò nel disegnare gli extraterrestri? Fragili sottotesti per comprendere la personalità e il vissuto di uno dei protagonisti? Prendere qualche famosa star e implicarla nelle vicende narrate per alzare il livello di stravaganza e richiamo? (oltre alla Germanotta di cui sopra, c’è un Andy Wharol in realtà man in black sotto copertura, e si cita Mick Jagger: il giocherello ha decisamente stancato) …
Uh, ecco la trovata geniale: il salto nel tempo! L’agente J torna indietro nel 1969 per inseguire il (patetico) grugnante cattivone che vuole cambiare il corso degli eventi, per scongiurare l’invasione aliena, e nel contempo venire a conoscenza degli oscuri segreti del collega K (e che nel pietoso finale lo coinvolgeranno direttamente). Semplice, no?
E ci hanno messo due lustri per pensarci …
La storia è puerile e banalotta; tutto già visto e sentito. E subìto.
Il fetore di decomposizione - delle idee, della (evidentemente incancrenita) capacità di scrittura, del grado di creare coinvolgimento e piacevole intrattenimento - è forte, acre, repellente. Quello che passa sullo schermo non diverte né emoziona e nemmeno solletica quella parte di noi (pre)disposta a lasciarsi andare al più sano, “ignorante”, mero svago.
Men in Black 3 è un film sostanzialmente inutile, pure parecchio noioso, pervaso da una standardizzata vena comica, blanda e fugace. Non riesce a rendere interessanti o almeno vagamente avvincenti tanto l’abituale mondo quotidiano quanto gli anni sessanta di cui anzi ne spreca le potenzialità con un’ambientazione approssimativa e precipitosa.
L'unico elemento che desta (e merita) attenzione è Josh Brolin, curiosa e credibile versione giovanile del butterato e rude Tommy Lee Jones. Il quale, dal canto suo, appare evidentemente svogliato e forzato a rientrare nei panni dell’agente K. E dagli torto … Tra le nuove entrate nel cast della saga da registrare Emma Thompson, nel ruolo del nuovo capo dei men in black e Alice Eve in quello della sua controparte del passato (tra l‘altro non tornano i conti!): la prima non spicca, anche se non ha certo bisogno di presentazioni; la seconda è un soprammobile con la fossetta.
Naturalmente grande spazio al divo Will Smith, probabilmente il solo a crederci davvero, a cui sono riservate le pochissime battute decenti; ma i tempi d’oro sembrano lontani, ed affonda giù col giocattolone. Che è meglio venga (ri)tumulato quanto prima.
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