Regia di Juan Diego Solanas vedi scheda film
La favola del sistema solare a gravità doppia. Due pianeti vicini ed opposti, che attraggono ciascuno verso di sé le persone e le cose che vi appartengono. C’è chi sta sopra, e chi sotto, e vede gli abitanti dell’altro mondo a testa in giù. Vietata ogni commistione tra i due popoli, uno povero, che vive in città devastate da un cataclisma, e l’altro ricco, che abita in metropoli avveniristiche e sfavillanti. È inevitabile, almeno nella logica della letteratura romantica, che una love story – tra una donna di nome Eden ed un uomo di nome Adam - giunga, coraggiosamente, a creare un ponte tra quelle due realtà così diverse per natura e disgiunte per legge. Il film di Juan Diego Solanas affronta la specularità non soltanto con effetti speciali convincenti, ma anche con una grande limpidezza di linguaggio, il tutto all’insegna di una semplicità che, nonostante il contesto, mantiene il racconto piacevolmente lontano dalle costruzioni intellettuali della fantascienza. Questa vuole essere una storia terrena, che si stacca dal suolo quel tanto che basta a saltare nella dimensione del sogno sentimentale: un movimento compiuto con passo prudente e leggero, che incanta lo sguardo senza affaticare l’immaginazione. È come se i preziosi lustrini della romanza hollywoodiana e gli orpelli grotteschi del fantasy si facessero da parte per lasciare che siano i cristalli purissimi delle idee a dominare la scena: poche e felici intuizioni, che sembrerebbero tratte da un libro per bambini, diventano così le protagoniste di una fiaba adulta, nella quale si parla di violente persecuzioni, interessi commerciali, ricerche sulle creme antirughe. Per apprezzare questo film occorre aver fatto la bocca ad un cinema d’autore che rifiuta l’estetica sofisticata o il tono altisonante per intingere il pennello nelle tinte tenui del pensiero infantile, che non prevede metafore o significati reconditi, perché, anche nella fantasia, ogni cosa parla disinvoltamente da sé, a chiare lettere, e senza secondi fini. In questo modo, la narrazione rimane dentro i margini del disegno, senza sbavature retoriche, a tutto beneficio della linearità espressiva. Il quadro è pieno dei colori del cielo, su cui spiccano, a tratti, magiche chiazze di rosso, a sottolineare la presenza di un’alchimia misteriosa ma in fondo a portata di mano, come una manciata di api rosse, le uniche in grado di volare liberamente tra i due universi privi i punti di contatto. Upside Down è un metallico distillato di bellezza visionaria, immune dal desiderio di spettacolarità e da ogni mania di grandezza, eppure gradevolmente pregnante, illuminato dalla luce di un’anima delicatamente immersa nel senso del miracolo.
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