Regia di Malgorzata Szumowska vedi scheda film
Giornalista francese della rivista 'Elle' è impegnata in un reportage sulla prostituzione femminile ed intervista allo scopo due giovani studentesse 'fuori sede' che arrotondano le magre finanze attraverso la redditizia attività di escort per facoltosi ed annoiati uomini di mezza età. Divisa tra un menage matrimoniale grigio e monotono e la cura per i figli ancora giovani, inizia a rivalutare il valore sociale e umano di un mestiere (il più vecchio del mondo) su cui nutriva più di un pregiudizio, riconsiderando le sue priorità e le represse frustrazioni della sua agiata vita borghese. Ritornerà presto nei ranghi.
Dopo l'apprezzabile e misconosciuto 'Slovenka' di Damian Kozole del 2009 e prima del meno riuscito esercizio di stile in 'Jeune et Jolie' di Francois Ozon, questa incursione della polacca Malgorzata Szumowska nel fenomeno della prostituzione giovanile di lusso ai tempi della crisi segna il passo di un simil reportage in forma di dramma sociale che si sposta continuamente (nel 'loop in flashback' della documentazione giornalistica) tra velleità sociologiche e uno psicologismo d'accatto che mantiene una materia così difficile e problematica sotto il punto zero di un raffeddamento emotivo che finisce per svuotarlo da ogni residuo significato drammatico o da qualsivolglia realismo simbolico.
Slovenka (2009): Nina Ivanišin
Elles (2011): Anaïs Demoustier e Swann Arlaud
Se è apprezzabile il tentativo di spostare il punto di vista sulla questione sull'orizzonte empatico dell'altra metà del cielo (francese) e se non si risparmia certo nel rivelarci i retroscena scabrosi di una professione non priva di facili attrattive (tanti soldi, abbastanza facili e di tanto in tanto si gode pure), la messa in crisi dei valori borghesi alla prova del nove di una liberazione sessuale 'a scopo di lucro' finisce per ridicolizzare tanto la sua brava protagonista (una Binoche che invecchia abbastanza bene) costretta a masturbarsi nello sgabuzzino degli attrezzi, tanto le avvenenti e disinvolte studentesse il cui problema più grande sarebbe quello di malcelare ai familiari gli ingenti proventi di un'attività professionale tanto stigmatizzata quanto socialmente riprovevole. Se la tesi è quella che forse c'è maggiore dignità e consapevolezza nella falsa gabbia di un meretricio con annesso 'diritto allo studio' piuttosto che nella soffocante e insulsa prigionia di una mortificante vita borghese, e se le insoddisfazioni di quest'ultima (tanto dei mariti che delle mogli) finisce per alimentare il mercato della seconda (giovani ragazze che svolgerebbero una malintesa pratica psico-riabilitativa e che vengono pagate per rivelarne i segreti), si finisce per banalizzare l'ovvio con l'aggravante di un repertorio che pesca qua e là nello psico-dramma familiare tra gli irretimenti da complesso di Elettra e l'inevitabile coinvolgimento sentimentale di una professionista del sesso che non dovrebbe mai baciare un cliente appena più giovane del solito (lo Swann Arlaud di Xanadu: sai che fantasia!).
Superficiale e decisamente noioso sembra non avere nemmeno il merito dell'ironia e del sarcasmo piuttosto che una vera ambizione autoriale, accontentandosi delle innocenti evasioni di un lirismo da 'chansonnier francais' ('Les feuilles mortes' di Jacques Prévert) subito rientrate nei ranghi di una rassicurante colazione a base di 'Coco Pops'. Presentato,come il già citato film di Kozole,al Toronto International Film Festival del 2011.
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