Regia di Malgorzata Szumowska vedi scheda film
Anne è giornalista per “Elle”. Fasciata in una vestaglia tra il bon ton e il casalingo, viene svegliata dal figlio che cerca i cereali. Un’altra notte consumata sul computer, gli auricolari che diffondono le confessioni di Lola e Alicja. Doveva essere un’indagine sulle studentesse che si mantengono vendendosi, ma l’articolo si è infilato tra le maglie di una sensualità assopita. E la registrazione delle “altre” si è trasformata in esplorazione di sé. Giovani vite immolate sull’altare di un appartamento borghese, esistenza matura mestamente intrappolata nello schematismo familiare. Cosa le separa se non la cognizione della finzione? Purtroppo il film di Malgoska Szumowska costeggia la realtà della mercificazione senza mai irrompere nella motivazione - che resta un’epidermica, didascalica ribellione a un’esistenza sacrificata -, e il tentativo di allontanarsi dal bigino sociale non diventa scavo psicologico della donna apparentemente realizzata. La Binoche è splendida, occhi che parlano incorniciati dai segni di un’età che sottolinea il carisma. Poco può contro un’opera pretenziosa, che limita i “disagi” della prostituzione all’uso improprio di un collo di bottiglia, e traccia parallelismi tra matrimonio e mercificazione con la matita grossa. Così Anne vede alla sua tavola tutti gli uomini della “loro” vita, proprio accanto al suo. Perché, se la chiave di volta è fingere, la Szumowska pare dirci che siamo tutte prostitute al soldo della condizione femminile.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta