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Elles

Regia di Malgorzata Szumowska vedi scheda film

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La recensione su Elles

di davidestanzione
2 stelle

Poche cose riescono ad irritare in profondità tanto quanto un cinema supponente che cela dietro una snobistica altezzosità le magagne di una mancanza d’idee pressoché totale. Volgarissima, e simpatica come una febbriciattola di ferragosto, è allo stesso modo quella tendenza dozzinale e comune a molto cinema europeizzante di far emergere delle improbabili finalità sociologiche da quadri familiari benestanti e alto-borghesi o dai “personaggi” (definizione generosa) che li popolano, in realtà entrambi profondi e degni d’approfondimento quanto una telenovela spagnola.

“Elles”,  presentato nella sezione Panorama dell’ultimo festival di Berlino, riunisce in sé i macroscopici difetti dell’uno e dell’altro fronte e sa anche come fare di peggio, tant'è che se esistesse un decalogo dell'indecenza filmica avrebbe a disposizione tutti i requisiti per infrangere anche l'undicesimo punto.
Ago della bilancia di una sceneggiatura in costante caduta libera è Anne, giornalista di “Elle”, interpretata da una Juliette Binoche che come al solito presta generosamente la sua solita classe a ogni interpretazione (non che da sola possa però sempre bastare). Fascinosa acconciatura scarmigliata da raffinata donna in carriera ed eleganza congenita (l'inconfondibile marchio Binoche), Anne si appassiona con sempre maggiore trasporto al mondo della prostituzione e si mette in testa di realizzare un’inchiesta su quell’universo e sulle ragazze che lo abitano, una specie di piccolo spaccato che indaghi sulle loro motivazioni, speranze, aspettative, mortificazioni quotidiane con uomini più adulti e spesso della stessa età dei loro padri. Mentre i figli e il marito di Anne ballonzolano per casa limitandosi a musi lunghi, rivalse adolescenziali ("Non sarò mai come voi", dice il più grande) e scontrose routine quotidiane, lei evade dal focolare indossando degli auricolari e passa ore e ore davanti al computer ad ascoltare le confessioni a braccio di Lola e Alicja, due ragazze che hanno deciso di vendere il loro corpo e con le quali il dialogo è divenuto più fitto e costante. L’impegno profuso per la scrittura di un articolo su quelle studentesse che mercificano la propria sessualità alla ricerca di facile benessere e guadagni immediati sconvolge il normale flusso dell'assai poco elettrizzante esistenza di Anne, che si lascerà trascinare fino in fondo dalla cosa, riscoprendo perfino parte della propria sensualità repressa e dei propri sopiti nitori erotici.
Il problema, però, è che il film della polacca Malgoska Szumowska punta purtroppo a qualcosa di ben più ambizioso della riscoperta della passionalità dormiente del proprio ménage matrimoniale da parte della sua protagonista. Abbarbicandosi con insopportabile feticismo a una messa in scena patinata e laccatissima, ha la pretesa di squadernare un’improponibile analisi di costume muovendo da dei banalissimi scambi di battute filmati a mo’ di interviste nel parco, che annegano nel finto moralismo più spicciolo e che al cuore livido e sporco della questione non fanno neanche il solletico. Più che un compitino riuscito male, trattasi di una prova imbarazzante a cui era di gran lunga preferibile un intonso foglio bianco. E invece la regista insiste, inanella pretese risibili, sguazza in un abusato e altrettanto ridicolo interrogativo vecchio come il cucco: ma un matrimonio acquiescente, borghese (parole usate come spade manco fossimo negli anni ’70) e in cui ci si cede al proprio uomo senza più trasporto erotico non è tangente il concetto di prostituzione tanto quanto una ragazza che fa sesso prezzolata per racimolare un buon gruzzolo? Interrogativi da talk-show di quarta categoria che intristiscono ancor di più un film francamente inguardabile, una desolante sagra di ovvietà presentate in forma di fosca inchiesta sociale. Un’opera disonesta, inspiegabile, che non paga infarcisce il tutto inframmezzandolo con copiose dosi di softcore: laddove non arrivano le parole e la forza di scrittura, ci si affida allora al potere (nelle intenzioni) repellente delle immagini, che con la loro abbondanza di sesso cupo e anaffettivo dovrebbero suscitare riprovazione e sdegno, o per lo meno un interrogativo morale, una qualche riflessione. Invece troneggiano, indisturbate, la noia e l’indifferenza. Con una differenza però sostanziale rispetto ai veri porno softcore: in quei casi, il più delle volte, la visione è prematuramente interrotta senza arrivare ai titoli di coda. Un trattamento frettoloso e privo di sensi di colpa che “Elles” meriterebbe in pieno.   

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