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Cosa piove dal cielo?

Regia di Sebastián Borensztein vedi scheda film

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La recensione su Cosa piove dal cielo?

di obyone
7 stelle

 

Ricardo Darín, volto noto del cinema sud americano, è Roberto, un negoziante spigoloso quanto le punte dei chiodi che vende nel suo ferramenta. Nella sua vita c'è stata Mari ma il sentimento è durato poco, il tempo di esaurire la passione e accorgersi delle possibili complicazioni di una stabile relazione. Quando la donna, tutt'altro che doma, torna a Buenos Aires, a far visita alla sorella, ricomparendo nella vita di Roberto, è decisa a sfondare la porta che lo isola dal mondo e lo tiene a distanza di sicurezza dalla vita. Con delicatezza e perseveranza Mari spera di aprire pian piano quella maniglia incatenata da mille lucchetti: il ricordo del padre morto, la malinconia per la madre mai conosciuta, l'orrore dei ricordi di una guerra persa, e chissà cos'altro. Ma, se la sorridente e propositiva donna non ha colto nel dolore dell'uomo un ostacolo insormontabile bensì un tappo che ostruisce un animo da cui far sgorgare sentimenti inespressi, Roberto non sembra desideroso di mettersi in gioco, e svellere le abitudini, tanto care quanto rassicuranti, acquisite in una vita di solitudine. È un incontro casuale, insieme alla perseveranza di Mari, a stravolgere l'esistenza piatta e confortevole dell'uomo. Un giovane cinese di nome Jun, alla ricerca della famiglia, demolisce il fortino di rancore in cui il ruvido uomo si è, da tempo, barricato, contando viti nelle scatole, biasimando clienti, collezionando improbabili articoli di giornale e spegnendo le luci, ogni giorno alla medesima ora, sulle proprie compiaciute abitudini.

 

 

Il regista e sceneggiatore Sebastián Borensztein, al terzo lungometraggio, ha tirato fuori dal cilindro un personaggio burbero e maleducato ma dotato di buoni sentimenti benché profondamente celati dietro la vetrinetta di funebri ricordi o sotto la crosta di un tozzo di pane senza mollica. Un Atlante possente, solo apparentemente pietrificato nel ruolo che la vita sembrava avergli destinato, e che, anzi, ha portato sulle spalle con il proprio carisma puntuto una sceneggiatura dall'incipit assurdo e che rischiava di rimbalzare come una sfera senza controllo tra l'onirico e il buonista. Fortunatamente non è stato così. Borensztein ha bilanciato la pragmatica veracità di Roberto con una narrazione lieve e favolosa benché costellata di malinconia, lasciando al proprio personaggio le redini del gioco ed offrendogli alcuni preziosi jolly per mantenere il film in una zona confortevole di realismo. Tra questi la babele linguistica che ha impedito a Roberto e Jun di dialogare costringendo la comunicazione all'interno di gesti e posture che hanno favorito lo sbocciare di empatia nei confronti del protagonista diventato più simpatico e realistico di fronte alle proprie difficoltà relazionali. La dolce Mari, invece è stata attratta dall'incomunicabilità del suo amato, fatta di ermetismo affettivo, ed è stata dolcemente intenerita da quella di Jun che parlava solo il cantonese ma che alla fine dei conti sembrava in grado di comunicare meglio del suo ospite. Borensztein ha giocato sulle difficoltà di comunicazione per tutta la narrazione lasciando protagonisti e spettatori nella situazione di capire a metà: una strategia vincente che ha generato attese e suspence conciliate nella conversazione finale con tanto di interprete improvvisato. I sentimenti possono valicare la barriera linguistica e culturale e possono sconfiggere ogni timore relazionale creando comunione tra le persone. Il messaggio caduto dal cielo è insindacabile. Per questo motivo il film mi è piaciuto e mi ha consentito di immedesimarmi senza sforzo col personaggio, non solo perché ha il mio stesso nome ma anche perché il conforto della routine, delle azioni reiterate e del possesso delle cose è una situazione che ho potuto testare in prima persona, prima che l'avvento insperato e casuale dell'amore mi desse quello strattone ricevuto anche dal protagonista di questo film. Una manata che mi ha liberato da una gabbia di (in)sicurezze. Ma questa è un'altra storia anche se un po' assomiglia a quella del venditore di chiodi. Entrambe però, mi hanno insegnato che l'amore può generare effetti sulle persone ben più sorprendenti dello schianto di una mucca. Non mi resta, perciò, che augurare buona visione a chi voglia farsi un'idea della forza dirompente dei sentimenti magari tenendo un occhio sullo schermo e uno sulle nuvole. Non si sa mai.

 

RAI5

 

 

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