Regia di Massimo Martelli vedi scheda film
“Bar sport” di Stefano Benni, è una sorta di mostro sacro della letteratura italiana. Ambientato a Bologna negli anni ’70, la storia vive di piccoli e grandi miti dell’epoca, imperniati attorno al calcio, alle donne, e a tutto quanto alimenta la vita sociale di un classico bar di provincia, rappresentando un esempio quasi unico nel suo genere quanto ad originalità.
Un mito, dunque. E tale, probabilmente, sarebbe dovuto rimanere. Nel 2011, invece, ci pensa Massimo Martelli, mediocre mestierante della cinematografia nostrana (quattro misconosciuti filmetti in 10 anni) a prendersi l’onere di storpiare il lavoro quasi mitologico di Benni. La voglia di far cassa (il film rientra nel novero di quelli lautamente finanziati dal nostro Ministero della Cultura) è più forte del timore di toppare. Il risultato? Il surrealismo si tramuta sovente in grossolana macchietta e le trovate quasi oniriche del romanzo, nonostante il supporto di illustrazioni di tutto rispetto, appaiono slegate e senza l’appeal agognato. Realizzare una versione cinematografica di “Bar sport” si presentava come un’impresa particolarmente complicata, e l’utilizzo massiccio, quasi necessario, della voce fuori campo ne è la conferma, tanto che nemmeno un cast di discreto livello (Battiston e Catania sono quanto di meglio il cinema nostrano possa offrire per una commedia) riesce a rendere pienamente godibile un film troppo sfilacciato e incongruente. Per ambientazione e tecniche di narrazione somiglia ad uno degli ultimi autoreferenziali prodotti di Pupi Avati. L’impressione complessiva è che si siano divertiti più gli attori a farlo che gli spettatori a vederlo.
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