Regia di Massimo Martelli vedi scheda film
Un bar dell'hinterland bolognese nei profondi anni '70, con la varia umanità che ne anima storie e tragicomiche avventure... "Bar Sport" è la trasposizione (a tratti sorprendentemente fedele) dell'omonima antologia di racconti con la quale Stefano Benni ha esordito nell'ormai lontano 1976 e che è assurta, col passare degli anni, allo status di libro culto della letteratura umoristica italiana (genere, peraltro, che da qualche decennio langue alquanto nel nostro paese, ma questa è un'altra storia). L'operazione di Massimo Martelli è affettuosa e per certi versi apprezzabile, ma anche abbastanza velleitaria ed anacronistica: il libretto di Stefano Benni era un delizioso spaccato della vita di provincia negli anni '70 con il realismo delle ambientazioni trasfigurato nel fantastico e nel surreale che sarebbero diventati la tipica cifra stilistica dei successivi romanzi dello scrittore bolognese, davvero difficile, per chi quegli anni non li ha vissuti e per i non adepti al culto del libro di Benni, calarsi in quelle atmosfere lontane e coglierne il senso profondo, al di fuori della patina nostalgica e vintage. Inoltre la struttura a raccontini del libro determina una inevitabile frammentarietà della trasposizione cinematografica, con un andamento altalenante del film che passa da momenti piuttosto fiacchi ad altri decisamente più riusciti e divertenti (l'episodio del playboy da bar interpretato da Teo Teocoli... peccato solo duri troppo poco). Gli elementi fantastici e grotteschi del libro sono invece resi da Martelli con momenti surreali (invero un po' azzardati) che ricordano abbastanza vividamente il "realismo fantastico" di Jeunet e della sua "Amelie", pellicola che ormai è diventata una sorta di punto di riferimento stilistico per molteplici, e non sempre adeguati, epigoni ed imitatori. "Strana" e francamente piuttosto sgradevole la fotografia di Roberto Cimatti, molto graziosi, invece, gli inserti a cartoni animati che illustrano un paio di episodi e mediamente buono il cast. In definitiva: Martelli ci ha provato, impegnandosi in maniera decisamente lodevole, ma riuscendo a realizzare solo un bizzarro e velleitario esercizio di stile che solo raramente interseca il messaggio del libro dal quale è tratto, finendo per ridursi in una nostalgica e un po' sterile celebrazione del "come eravamo" (e del "come forse non siamo mai stati"): due stelle.
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