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Bar Sport

Regia di Massimo Martelli vedi scheda film

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La recensione su Bar Sport

di LAMPUR
4 stelle

Ancora una volta invadiamo un multisala, Emidio ed io, ci accomodiamo in poltrona prevenuti come prima di Crazy, Stupid, Love, ma stavolta lo schermo non contraddice affatto gli istinti carogna. Anzi.

Mi sa che a Stefano Benni, zitti zitti, per far dare l'ok alla trasposizione del suo mitico Bar Sport, gli hanno fatto vedere il trailer di Chocolat con la la Juliette Binoche che armeggiava e lui, tra cioccolate sopraffine ed alta pasticceria, deve avere intravisto l'anima della Luisona, la cementata e mitica pastarella in vetrina dal 1959, ed ha imboccato con tutte le scarpe...

Spero che il resto del film non lo veda mai e che, al massimo, gli ritaglino le gesta a disegni animati del Piva e del Pozzi, unici intermezzi filmici che restituiscono una parvenza della poesia e della fantastica verve del Benni letterato, maciullato per tutto il resto della pellicola da chissà quali mire.

Bar sport non può ridursi ad una catarsi fantozziana, una sbiadita ed anonima copia financo della fiction televisiva cult fine anni novanta, quel Zanzi Bar animato dagli stessi Bisio, Finocchiaro e Catania (con in più Riondino e Silvio Orlando), che illustrava goliardicamente la vita baresca senza, tuttavia, incastrarne lo spirito  in meccanismi a macchietta.

Mi (ri)leggo Benni, mi tengo stretti i sogni e l'atmosfera da bar di provincia, e lascio questi tentativi che denotano impotenza e scarsa fantasia.

Tant'è che le uniche note positive arrivano dove si ferma l'uomo cinematografico, annegato in uno splatter revivalistico (per quanto, come ci tengano a sottolineare attori ed autori, si sia rinunciato a parolacce e volgarità - come se il libro ne dispensasse a bizzeffe -), e ci si appella alla tecnica del disegno animato, che nobilita in diversi frangenti lo spirito sognatore di Benni.

Il paragone con il libro fa male come una Luisona ingollata all’improvviso, ma il film rimane indigesto anche a chi è a digiuno del testo a fronte, ed Emidio - che il libro non l’ha letto - conferma la delusione verso un apparato stanco in partenza, un’operazione nostalgica che esalta solo la polvere e lascia lo spirito sotto spirito.

C’era una volta il leggendario Bar Sport. E le leggende si lasciano in bacheca, come certe paste. Guai a metterci le mani sopra.

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