Regia di Giuseppe Piccioni vedi scheda film
V F, una finestra e una porta. Maniglie consunte scandiscono lo spazio/tempo del rapporto docente/studente. C’è un dentro e c’è un fuori. Un dentro dove sottolineare (gli errori, a matita) e un fuori dove stare a guardare (inutilmente, mentre gli sbagli assumono contorni indelebili). Lo dice la preside Margherita Buy e lo scopre suo malgrado il supplente Scamarcio. Costretto a subire dalla finestra le brevi fughe non autorizzate dei suoi alunni, i piccoli sintomi di una distanza istituzionalizzata. C’è un dentro e c’è un fuori. Un dentro dove ammansire o assalire genitori boriosi e ignoranti, e un fuori dove il giovane prof si ritrova assalito dal dentro: gli alunni sono apparizioni fantasmatiche che si porta a casa. L’anziano Herlitzka non si scompone. Li promuove tutti, e in classe monologa e fuma. Redarguisce il supplente perché osa “interpretare” Pianto antico. C’è un dentro dove declamare platealmente le poesie, e un fuori dove riempirle di senso. Lo dice il rassegnato prof di Storia dell’Arte e lo scopre suo malgrado Piccioni. Perché la distanza che vorrebbe colmare resta imbrigliata in quel passaggio. C’è un dentro e c’è un fuori. Dentro l’alunno Ciacca chiede con stordente sincerità se Piero della Francesca fosse un uomo o una donna, fuori l’alunno Adam ferisce con didascalico senso di colpa le aspirazioni dei genitori. Dentro l’alunna Mordini cela un dolore acuto dietro una maschera di strafottenza, fuori il vecchio prof disilluso vorrebbe volare. Buttandosi di sotto, ma di sotto stanno costruendo un’aiuola. L’esterno adatta le scelte alle circostanze, il senso resta all’interno. Tra una finestra e una porta che contengono un buco nero tragicomico e reale, l’ignoto spazio insondabile di una generazione.
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