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I più grandi di tutti

Regia di Carlo Virzì vedi scheda film

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La recensione su I più grandi di tutti

di bradipo68
8 stelle

Qui a bottega se un  film parla di rock o affini , lo si vede a prescindere.
Anche se è firmato da uno che ha sempre un po' l'aria da raccomandato come Carlo Virzì ( fratello di Paolo )  autore di un primo film all'acqua di rose assolutamente dimenticabile e che ora con questa sua opera seconda cerca di alzare un po' il tiro infarcendola di massimi sistemi e minimi comuni denominatori, ma soprattutto caricandola abbestia (come direbbero i protagonisti) di nostalgia.
La trama ricorda alla lontana quella del supercult Still crazy: un ritorno sulle scene di una banda seminale del rock italico ( i Pluto, che si chiamano così non per oscure metafore legate all'origine greca del nome ma solo perchè si chiamava così il cane della nonna della bassista) dovuto all'interessamento di uno strano giornalista musicale che si rivela ossessionato da loro, dalla loro musica e dal loro merchandising. Nelle sue intenzioni vuole riunire il gruppo per un ultimo concerto e per fare un dvd intervista sui loro trascorsi dopo aver abbandonato le scene.
Il problema sono i modelli a cui ispirarsi: se il rock internazionalmente è incarnato da gente come i Deep Purple o i Led Zeppelin qui in Italia i modelli puramente rock o hard rock sono ben più modesti. E vanno quindi denudati oltre che mostrati in tutta la loro pochezza.
Ecco perchè un film come I più grandi di tutti suo malgrado assume un'aria più provinciale di quanto vorrebbe,in questo caso livornese a voler essere precisi.
Non che sia un male perchè il lessico è piacevole, la volgarità non viene usata come grimaldello per arrivare alla risata facile e l'atmosfera che si respira è di vera complicità.
Carlo Virzì sa di che cosa parla perchè ha un passato da musicista  il fratello Paolo che qui collabora da parte sua è autore di un bellissimo documentario sulla figura di Bobo Rondelli, intitolato L'uomo che aveva picchiato la testa, storia buffa e un po' patetica di  una leggenda del rock livornese arrivato puntualmente in ritardo all'appuntamento col successo, quindi il film scorre che è un piacere nella descrizione di un pugno di personaggi che vive a una velocità diversa dal mondo che li circonda.
Loris, il batterista, status da disoccupato cronico,è mantenuto dalla moglie e ha un figlio che mostra di essere molto più maturo di lui, Maurilio, il cantante , vive di espedienti e ha una montagna di debiti, Sabrina è ingabbiata letteralmente in una relazione sentimentale infelice da  cui non vede l'ora di fuggire mentre Dario, chitarrista, è l'unico che si è "normalizzato" con un lavoro in fabbrica.
Prima che tornare a suonare è difficile ritornare a stare assieme senza scannarsi.

 

E comunque bisogna aspettare quasi tutto il film per vederli suonare.
I più grandi di tutti in fondo è un film su persone che avrebbero voluto essere altro e si ritrovano a vivere una vita dopo aver praticamente rimosso dalla memoria tutto il passato.
Volontariamente perchè la vita del rocker è stato un sogno che non si sono potuti permettere.
Se Alessandro Roja ( Loris ) è efficacissimo a caratterizzare un personaggio avulso dalla realtà che lo circonda e anche la Pandolfi risulta credibile dei panni della bassista che non aspettava altro che ritornare al passato, è Marco Cocci, cantante e rocker vero prima di essere attore, che ruba la scena con la sua innata fisicità.
D'altro canto la presenza di Dario Kappa Cappanera è un colpo ben assestato al cuore di  chi ricorda la Strana Officina seminale band livornese di heavy metal arrivata più al successo internazionale che a quello nei nostri confini e assurdamente falcidiata dal destino.
Occhio alla performance dei Pluto, chissenefrega se è una messa in scena ( e chi vedrà il film capirà che cosa intendo dire ),  in una cornice particolare e orecchio ai testi dei loro pezzi ( " Sputo in faccia al bagnino e gli fotto il pattino").
E come si fa a non farsi scappare la lacrimuccia quando il tuo figliolo vuol diventare batterista come il padre e scrive in un tema che "vuol fare un gruppo rock un bel po'ribelle"?
La ribellione ormai si fa seduti in poltrona e col telecomando , novello scettro del potere, in mano: ci si ribella solo vivendo.
O meglio sopravvivendo.
(bradipofilms.blogspot.it )

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