Regia di Alessandro Paris, Sibylle Righetti vedi scheda film
Il fatto che Vasco Rossi sia stato la colonna sonora di gran parte di noi, più o meno da trent'anni a questa parte, non è di per sé né una cosa positiva né un merito del cantautore. Anche perché spesso ci è stato propinato, non richiesto, a ripetizione dalle radio del nostro paese. Dopo le apparizioni di Rossi al Festival di Sanremo, dove, con Vado al massimo e (l'anno successivo) con Vita spericolata, sembrò un marziano, tanta era la differenza con le canzoncine mielose che venivano proposte all'epoca (non saprei dire del Sanremo odierno, perché non lo seguo da anni), cominciai a seguirlo e mi sembrò, per un paio di anni, che il suo anticonformismo avesse radici serie, con le rivendicazioni libertarie per le giovani generazioni (Siamo solo noi) e con canzoni di una scorrettezza politica («è andata casa con il negro, la troia!», cantava in Colpa d'Alfredo) che da una parte metteva a disagio e dall'altra affascinava. Poi questo anticonformismo è diventato una moda e una posa, poi ci sono stati la frequentazione delle droghe e l'esibito alcolismo e una sequenza di canzoni una uguale all'altra.
In ogni caso, il rockumentario Questa storia qua ha il pregio della volontà di raccontare il lato umano di una rock star nostrana, tentando di farne comprendere la grandezza artistica (secondo me comunque discutibile) e le umane debolezze. Il tentativo è riuscito a metà, perché sembra che i due autori non possano o non vogliano davvero andare fino in fondo, ma cosa ancora più importante, si rivela impietoso il confronto con prodotti analoghi americani e inglesi. Lì vivono di rock ed anche i documentari rock riescono assai meglio.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta