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Passannante

Regia di Sergio Colabona vedi scheda film

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La recensione su Passannante

di lamettrie
8 stelle

Un bel film, intelligente. A dispetto della povertà di mezzi, rende il servizio prefissato: denunciare la disumanità di tanto potere.

In modo agile e fedele, si celebra la commovente storia di Passannante, anarchico che tentò di uccidere il neore Umberto I nel ’78.

Interessante è la sottolineatura su questo dato di realtà: alla giustizia italiana dell’epoca interessò far passare l’aggressore come un pazzo, cosa che non era. Perché, se fosse stato considerato pazzo, non avrebbe potuto difendersi di fronte al senato, come però la legge imponeva. Invece, da pazzo, il suo caso sarebbe stato silenziato. Il re gli concede la grazia per fingersi umano; ma in realtà lo fa solo per evitare di dare notorietà alle idee che ne avrebbero giustificato l’uccisione (in quanto tiranno, per la categoria cui apparteneva, monarca).

Poi il potere, qui davvero nelle vesti di “sistema”, ha reso pazzo il detenuto, per fargli pagare tutto il suo debito, ma in modi non manifesti: nel totale isolamento, umano e materiale, cui è stato condannato questo lucano, fiero come tanti suoi conterranei, la storia ci consegna una detenzione da brividi, che fece scalpore all’epoca (l’epoca d’oro del socialismo, la fine dell’800), per il più ripugnante disprezzo dei diritti umani. Non si doveva conoscere la barbarie di quella incarcerazione; ma quelli erano i decenni in cui si lottava contro ogni abuso da parte del potere, quando lede i diritti umani inalienabili. Perciò si era aperta una breccia contro l’eterno crimine del potere, grazie alla denuncia, ad esempio, del deputato Bertani, cui nessuno poteva togliere il diritto di verificare le condizioni del detenuto: ma il potere in sé, come in quel caso italiano, ha sempre lottato a favore del silenzio sui crimini contro i diritti umani, e non ha certo lottato contro tale complice silenzio criminale.

Un’ora e un quarto svolazza via veloce, una pellicola che ha il pregio di essere aliena dalla retorica e dalla pesantezza, pur nell’immenso pathos del soggetto; resa briosa dall’agile interpretazione di Ulderico Pesce, compensata dall’intensa prova che Fabio Troiano offre nei panni di Passannante, il quale era originalissimo, veramente qualcosa di diverso da quello che han voluto far apparire all’epoca. Di una tempra morale impressionante, anche nella terrificante detenzione, partendo da un analfabetismo coatto rese se stesso un intellettuale autodidatta, pregno di giustizia sociale, tanto da prodigarsi per l’aiuto verso i reietti, anche dando pasti gratis ai bisognosi presso il suo ristorante, che gestiva da cuoco.

Memorabile nel film lo scambio con l’avvocato venduto che purtroppo gli è stato rifilato,  e che gli chiede «Come mai ha imparato a leggere e scrivere»? Lui risponde «è un mio diritto, anche se non me l’avevano mai detto prima». In altri punti infatti dice: «Ci impediscono di leggere e di pensare».

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