Regia di Vincent Paronnaud, Marjane Satrapi vedi scheda film
Nasser-Ali ha deciso di morire, e niente lo dissuaderà. La moglie mai amata ha rotto il suo violino, il cuore invece gliel’ha spezzato un amore impossibile, che ha il volto perfetto di Golshifteh Farahani, unica attrice iraniana nello sfavillante cast europeo dell’opera seconda di Paronnaud e Satrapi. Che, a partire da questa scelta di casting, sceglie l’artificiosità come cifra stilistica, compiendo una doppia metamorfosi non necessariamente felice: i personaggi stilizzati del graphic novel omonimo della Satrapi diventano attori in carne e ossa, i quali a loro volta si mutano in pupazzetti caricaturali, cartoon viventi dalla recitazione sopra le righe (seppure di alto livello, a cominciare dal protagonista Mathieu Amalric, che in versione baffuta e comica è sinistramente somigliante al nostro Giovanni Storti). Il film si snoda avanti e indietro nel tempo, lungo il flusso di ricordi del cocciutamente moribondo Nasser-Ali, mettendo in scena l’Iran degli anni 50, prima della Rivoluzione, dipinti però con i colori saturi di un libro per bambini, una riproposizione stucchevole dell’estetica di Jeunet. Flirtando con la contaminazione di stili (dall’animazione alla sitcom statunitense), gli autori giocano d’accumulo, accantonando la fulminante sobrietà dell’opera prima e ripartendo da zero, con l’eccesso di buona volontà degli esordienti. II kitsch prevale sulla sincerità e il cuore di Nasser-Ali batte solo per gioco.
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