Regia di Michael Haneke vedi scheda film
il mio piccolo e inadeguato omaggio alla grande Emanuelle Riva. La recensione è del 3 novembre 2012.
Il film, Palma d’oro all’ultimo Festival di Cannes, ci racconta subito “come va a finire”: in un appartamento parigino viene ritrovato il corpo di una anziana donna, circondato dai fiorellini primaverili, dei quali il marito aveva voluto adornarla, in un estremo gesto d’amore, prima del definitivo abbandono. La storia che successivamente ci viene narrata è quella di un’anziana coppia di coniugi, i quali, da molti decenni insieme e pienamente soddisfatti della loro convivenza, si sono improvvisamente scoperti vecchi. Un oscurarsi istantaneo della coscienza della donna, durante la colazione del mattino, allarma immediatamente lui; ne seguirà un’operazione alla carotide e la paralisi che progressivamente ridurrà le sue capacità di movimento e muterà forzatamente le abitudini consolidate, nonché i rispettivi ruoli. In questo modo irrompe, nella bella e spaziosa casa parigina di Anne (Emanuelle Riva) e Georges (Jean-Louis Trintignant), la malattia che progressivamente devasterà il corpo e forse anche la mente di lei, mentre il marito cercherà di alleviarne le sofferenze più penose. Haneke, il grande regista austriaco che impassibilmente aveva esplorato gli aspetti oscuri dell’animo umano nei precedenti, bellissimi film (ricordo, in particolare Il nastro bianco), si interroga, questa volta, con un’indagine altrettanto dura e spietata, sul senso dell’invecchiare, e, indirettamente, sul senso della vita. Quella che per tutti e due era stata un’esistenza ricca di cultura, conoscenze, letture, viaggi, ora si è ridotta dentro lo spazio angusto della sedia a rotelle di Anne e infine sarà confinata nel letto di casa, scenario di tutte le operazioni che le servono per sopravvivere dolorosamente, senza alcuna speranza di migliorare. Georges, che vorrebbe davvero esserle di conforto e di aiuto, amandola profondamente, agisce nella piena consapevolezza che “andrà sempre peggio”, e cerca almeno di limitare, senza molto successo, i danni che infermiere e badanti, nella loro rozzezza, le procurano, poiché alla umiliazione per dipendere da loro, si somma per Anne quella che le arriva dal loro agire superficiale, e anche dalla garrula crudeltà di troppe parole, pronunciate senza alcuna vera compassione. Il film indugia senza infingimenti consolatori, anche sui più crudi particolari di questa condizione degradata, che mette in luce l’insensatezza di ogni progetto, essenza stessa della vita di coppia: perdono importanza non solo le cose belle e amate, come i libri, la casa raffinata e arredata con cura, il pianoforte e la musica stessa che entrambi avevano apprezzato e coltivato, ma anche i rapporti con le persone che pure avevano occupato tanta parte della loro vita: il discepolo cui Anne aveva insegnato ad amare la musica di Schubert e che ora ha trovato la sua strada lontano da lei, nonché la stessa figlia Eva (Isabelle Huppert), anche lei lontana ed estranea ormai alla tragedia che vivono soltanto i due anziani coniugi consumando nella inquieta solitudine dell’attesa della fine le loro ultime giornate. La crudele bellezza di questo film è nella grande capacità di dar voce allo sgomento esistenziale di fronte al destino dell’uomo, che purtroppo ci riguarda tutti, quale che sia il nostro immediato futuro. “All’apparir del vero” resta l’incubo della voragine scura (il vano dell’ascensore che si spalanca sul vuoto nel sogno di Georges) e l’onnipresenza dell’acqua, quella che scorre dal rubinetto, non a caso subito prima dell’incidente di Anne, nonché quella della pioggia (“il tempo fatto acqua” avrebbe detto Montale), che accompagna la caduta (forse volontaria) di Anne presso la finestra dell’ingresso e quella che riempie a poco a poco il bell’appartamento (sempre nel sogno di Georges e che non a caso ricompare verso la fine del film) simbolo, a mio avviso, come spesso nelle culture orientali, (che credo il regista conosca almeno attraverso Schopenhauer) dell’elemento indistinto ed eterno in cui tutte le gocce confluiscono perdendo la loro individuabilità.
NOTE:
La citazione montaliana è tratta da Notizie dall’Amiata (Le occasioni);
“All’apparir del vero” è ovviamente citazione leopardiana dalla lirica A Silvia (I Canti)
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Davvero bello, profondo e toccante. Grande Haneke che anch'io avevo apprezzato nell'altro capolavoro "Il Nastro Bianco", difficile scegliere tra i due.
Ottima recensione Lilli,
un saluto.
Paolo, guarda che non è necessario scegliere, perchè entrambi, secondo i momenti della nostra vita, parlano al nostro cuore, come sa fare sempre l'ottimo cinema. Grazie!
Un film eccezionale e una non meno straordinaria performance (anzi due con quella di Trintignant) della grande attrice scomparsa oggi e che hai così omaggiato in maniera molto delicata e sentita.
Recensione molto bella per una grandissima opera.
Un saluto,
Marco
Grazie. Attrice davvero grande. Ciao, Marco!
Grazie per avere recensito oggi questo meraviglioso film, quanto scrivi è un sentito omaggio alla grande Emmanuelle Riva, appena scomparsa, al suo grande partner e al regista Haneke. Grazie ancora.
Grazie a te! La recensione, come ho scritto nel commento introduttivo, è vecchia ed era dall'uscita del film presente sul mio blog. Ho pensato che, riproponendola anche qui, avrei reso un piccolo omaggio anch'io alla grande Riva. un gran bel film, splendidamente interpretato! Ciao :)
Il tuo è veramente un "grande" omaggio a Emmanuelle. Cerchiamo di non dimenticarla. Ciao...
grazie mille, Antonio!
Visto tempo fa e non posso che applaudire al tuo ricordo sulla scomparsa della brava attrice (che conobbi in Kapo'....)....anche il film in questione e' da vedere e lo descrivi benissimo...ancora grazie laulilla.
Grazie a te, Ezio.
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