Regia di Michael Haneke vedi scheda film
coerente con la poetica del regista, amour è la messa in pellicola della crudeltà dell'amore, che sfida il tempo e che ad esso soccombe inesorabilmente. dopo l'età della spensieratezza e dell'inconscenza, semmai ne ho avuta una, ho passato il resto della mia vita(fino ad ora ovviamente con la speranza di arrivare almeno all'ottantina)a pensare spesso alla morte e a cercare di fare i conti con essa. familiarizzarci perchè il momento fatale sia meno cruento... non si vede, ma sto sorridendo. non sono il dalai lama e coerentemente con la religione con la/nella quale sono cresciuto, dovrò bruciare all'inferno per tutti i miei innominabili peccati. comincia con una porta sfondata e un odore che non posso annusare e finisce con una ripresa da lontano della figlia nell'appartamento vuoto. haneke che conobbi col cruentissimo, crudelissimo e per me(per ora) non-riguardabile "funny games", è diventato un pò famoso per quel gioco che fece con gli spettatori di ritirarsi appena prima della rappresentazione porno della violenza, ma mettendo in condizione lo spettatore di sentirla tutta e trasferirla su di sè provando disagio. qui non fa che ripercorrere quel percorso diventando se possibile ancora più esplicito. e che male fa. con l'aiuto di una rappresentazione da film da camera, e degli attori talmente straordinari da fare il paragone a volte col cinema-esperimental-teatrale di peter greenaway, dove alcuni animali vengono ripresi mentre si putrefanno. la finzione c'è, ed è meravigliosa, ed è appunto palma d'oro perchè non è un semplice servizio tele-giornalistico sull'ennesimo scandalo della casa di riposo/lager, dove "gli ospiti" venivano trattati peggio di randagi in un canile. da quando george prende il viso dell'amata anne tra le mani e le chiede insistentemente "cosa sta succedendo" che lui non riesca a comprendere, haneke ci accompagna in questo ultimo doloroso, tremendo e agghiacciante verso la morte. ma ci accompagna con la lancinante lucidità di un sentimento che ci dividerà per sempre da quella persona che amiamo da una vita. ed è per questo che il titolo è così bello ma anche così crudele come uno schiaffo. il deperimento fisico così veloce da marcire mentre si il corpo si sta spegnendo. la mente che se ne va sempre più spesso. le parole ripetute inconsultamente, come ci viene spiegato dall'infermiera, ma che non sapremo mai se hanno un significato. la malattia ci allontana sempre più dalla persona amata, rendendocela stran(ier)a. i figli lontani anni luce da quell'amore non capiscono l'accanirsi a curare un tale malato in casa, e si struggono inutilmente in un dolore che non serve a niente. cosa può fare la figlia se non partecipare attivamente alla impegnativa cura del malato? rientra nell'appartamento, guardandosi intorno come se non l'avesse mai veramente visto bene prima, in un sentore esorcistico molto vivo.
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