Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
"L'informazione è Potere." Su questo assunto si è basata l'intera esistenza di John Edgar Hoover,rifondatore dell'FBI e simbolo della paranoia assoluta,campione di detenzione del proprio ruolo,nonostante i cambi di presidenza,i passaggi della Storia ed il mutare della società americana.Apparso come figura sullo sfondo in svariati film degli ultimi anni,gli viene dedicato ora un lungometraggio,da parte di Clint Eastwood,che ne ha fatto la sua trentatreesima regia,in anni in cui gira più o meno una pellicola ogni nuova stagione:non era certo semplice realizzare un film su una figura programmaticamente sgradevole,quasi un "babau" per gli USA,un mastino dei dossier,quanto intento a non lasciar trapelare notizie su di sè,anche se la sua più o meno repressa omosessualità è stata riconosciuta."J.Edgar" si svolge come una sorta di flusso di coscienza,mai lineare nel legare i flashback al presente narrato con Hoover ormai anziano,con "Tricky Dick" Nixon al comando della Casa Bianca:tra la giovinezza,il rapporto con una madre oppressiva e severa,il brutto carattere che si lascia andare a rappresaglie se contrariato,il caso Lindbergh,i Kennedy e l'assassinio di Martin Luther King,si dipana in parallelo un'esistenza al sicuro nel bunker degli uffici dirigenziali del Bureau,con un rapporto sentimentale mai dichiarato del tutto (secondo la sceneggiatura le cose sono sempre state platoniche....) ed una forma inesauribile di fobia del comunismo che avrebbe potuto distruggere l'America,se si fosse allentata la tensione. Benchè ben ricostruito a livello di ambientazione,e curato come tipico del cinema eastwoodiano,"J.Edgar" non arriva ai livelli di diversi grandi film dell'autore,come "Mystic river","Gli spietati",e "Million dollar baby",ed è vero che non si può chiedere un capolavoro a chi gira praticamente un film all'anno:il resoconto storico-politico è discreto,ma è freddo,la tragedia di un uomo che ha assorbito Potere per un'arco di tempo lunghissimo solo per servirsene come metodo di ricatto e di mantenimento del proprio status non coinvolge lo spettatore,mentre è un'altra cosa lo sguardo sul rapporto di Hoover con il suo collaboratore Tolson,che vive di una delicatezza toccante,specialmente nella scena della morte del protagonista,sorprendentemente malinconica e struggente,che diviene una vera e propria scena d'amore.Può darsi che Di Caprio riesca ad aggiudicarsi finalmente il premio Oscar questa volta,perchè la scelta di imbruttirsi viene quasi sempre premiata dall'Academy (vedi Charlize Theron,ad esempio),ma non è la sua interpretazione migliore:pur constatando l'impegno dell'attore,la caratterizzazione di Hoover risulta in più frangenti monocorde,meglio figurano Judi Dench nel ruolo di una madre senza pietà,e Armie Hammer nei panni del compagno di lavoro e di vita Tolson. Un buon film,che legge pagine di Storia americana senza vera partecipazione,però.
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