Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
Al cinema ha già avuto la faccia di Kevin Dunn, Ernest Borgnine e Billy Crudup ma stavolta ha quella di Leonardo DiCaprio ed è davvero altissima scuola di recitazione: è John Edgar Hoover, il leader indiscusso dell'FBI, sopravvissuto a ben 8 presidenze americane in un arco di tempo che dalla Grande Depressione arriva alla presidenze Nixon. A raccontarne la parabola umana e professionale è Clint Eastwood, che lascia emergere soprattutto due aspetti di questo omuncolo dipendente dalla figura materna: l'ossessione per il controllo e l'omosessualità repressa. Irriducibile avversario dei neri, dei movimenti per i diritti umani e, soprattutto, dei comunisti, Hoover seguì con pervicace determinazione l'obiettivo di applicare all'indagine poliziesca il metodo scientifico, basandosi soprattutto sulle schedature. Al tempo stesso, ebbe una relazione platonica di quasi mezzo secolo col suo braccio destro (Hammer). Il film prende a pretesto la dettatura di una biografia scritta con incontenibile mitomania dallo stesso Hoover, per mettere in scena alcuni episodi chiave della vicenda del protagonista, dal rapimento del piccolo Lindbergh, che tanta emozione suscitò in tutto il paese negli anni '30, all'assassinio di JFK. La regia di Eastwood segue una traccia meno classica del solito, con molti flashback, ma è impeccabile e pulitissima come sempre; la fotografia desaturata rende assai bene l'atmosfera del tempo; la colonna sonora è usata con la consueta discrezione e ancora una volta Eastwood parte dal singolo per raccontare la controstoria di un intero paese. Peccato solo che manchi quel guizzo che ha reso possibile, in tante altre occasioni, il capolavoro.
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