Regia di William Friedkin vedi scheda film
Sono rimasta molto perplessa, spiazzata, e alla fine molto indecisa sulle stelle da assegnare a questo film che inizialmente nasce come lavoro teatrale; sarebbero state 4 per buona parte della pellicola, che cattura e diverte per il gusto grottesco di situazioni e personaggi.
Killer Joe, pur nella sua violenza nuda e cruda, nel suo essere impietoso e grottesco, presenta lo squallore reale di personaggi che sfiorano il limite vero dell’ assurdo, ma sul finale sono diventate 3 stelle per quella scena del “pollo pornografico” che ho trovato eccessiva e difficile da sostenere.
Neppure il “Cattivo tenente” di Abel Ferrara mi aveva dato così fastidio, altra opera non facile.
Disturbante, o forse sarebbe più giusto dire volgare, come volgari, squallidi e cinici, quasi privi di sentimenti e meschini al limite dell’abiezione morale sono i personaggi fortemente marci e negatici di questo film; compongono un’allegra famigliola tra le più disfunzionali e disgregate, padre vigliacco, matrigna, figlio delinquentello che vive d’espedienti alla giornata, sorella minore svanita e all’apparenza ingenua, compresa.
Tutti insieme e con leggerezza estrema, senza il ben che minimo tentennamento, privi di coscienza o senso di colpa, assoldano un killer senza scrupoli per assassinare l’odiosa madre e intascare i soldi dell’assicurazione e pagare i debiti verso certi trafficanti di droga.
Ma non tutto andrà come previsto.
Killer Joe è sorretto da una regia robusta, direi sanguigna, una sceneggiatura essenziale e scarna senza troppi dettagli, ma la fotografia è bella; parte con una scena scura di una pioggia battente che getta acqua e tensione e non lava né anime né corpi, mostra nudità senza pudore, degrado materiale che è prima di tutto mentale.
E tutti, ma proprio tutti, pescano nel torbido delle loro vite e di quelle degli altri, uomini e donne guidati dagli istinti più basilari, dalla cupidigia.
Non c’è spirito, non ci sono affetti, legami di sangue da salvare.
È il vuoto, il nulla assoluto, l’abbrutimento. Forse non c’è neppure l’odio, o forse è già stato superato dall’indifferenza verso tutto e tutti.
Joe Cooper è il killer, ragazzone texano col cappello da cowboy, un Matthew McConaughey duro, affascinante e fortemente sensuale che uccide con facilità estrema e a noi non serve vederlo l’omicidio, ci viene presentato solo un cadavere che suggerisce antipatia e repulsione; un cattivo subdolo dall’anima torbida che impone la sua presenza con una gentilezza sottile e calcolata, e come pegno per il suo lavoro sporco irretisce e seduce la sorella di Chris, forse morbosamente attratto dal suo malsano candore, una brava Juno Temple che scopro in questo film, e poi con la forza, la rabbia e il furore reclama ciò che è suo con estrema violenza.
Recentemente ho letto un commento su Cinerepublic dell’utente Barone Cefalu, e devo dire che mi trovo d’accordo con le parole di una sua frase che riporto qui:
“… si resta abbagliati dall'uomo sfacciatamente corrotto e violento, rappresentante del "male minore" in una società dove è difficile riconoscere l'onestà e l'ottimismo.”
In effetti, tutti i personaggi sono così viscidi, così corrotti che meritano di finire come finiscono. Questa è una società che non ha speranze, destinata ad autodistruggersi.
Comunque, io non guarderò più il pollo fritto nello steso modo.
Un buon film, ma bisogna essere preparati a tutto.
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