Regia di Andrea Bianchi vedi scheda film
Un film che è di recente assurto, senza volerlo, a oggetto di culto!
Gli ottimi incassi di "Zombi" del sopravvalutato George Romero e gli altrettanto incoraggianti esiti dei coevi films di Lucio Fulci avevano piegato l'horror verso la sua anima più viscerale. Atmosfere plumbee, personaggi enigmatici e situazioni inquietanti cedevano dunque il passo a effettacci di bassa macelleria, il tutto a sollazzare un pubblico ormai avvezzo ai cannibal movies e sempre più "a la rechèrche" di emozioni forti e soluzioni estreme.
Gabriele Crisanti, fervido produttore del sottobosco cinematografico nostrano, ricostituisce l'accoppiata vincente di "Malabimba", scalcinata versione erotica de "L'esorcista" ma che fruttò al botteghino la bellezza di 500.000.000 di vecchie lire.
Con Piero Regnoli allo script e Andrea Bianchi dietro la macchina da presa, il buon Crisanti prova ancora una volta a fare bingo con il nulla a disposizione: attori di quarta scelta; troupe ridotta all'osso; regista "a bon marchè"; soggetto e sceneggiatura praticamente inesistenti.
La storia ci narra di un non meglio identificato etruscologo, ospite nella villa di un facoltoso miliardario inglese (Roberto Caporali), che scopre, non si capisce bene in che modo, una formula segreta per far tornare in vita i morti. Dopo aver convocato il proprietario, unitamente a uno scrittore (Simone Mattioli) e a un noto fotografo (Gianluigi Chirizzi), tutti con le rispettive consorti e/o compagne dalle fattezze di Mariangela Giordano, Antonietta Antinori e Karin Well, i morti viventi usciranno dalle tombe per dar luogo a una crudele e cannibalica mattanza.
Con un budget talmente risicato da far vergogna a qualsiasi produzione degna di tale nome, Andrea Bianchi, adottando una tecnica che sarà seguita dal porno italico della seconda metà degli anni ottanta (la c.d. tecnica del "fast-forward"), sacrifica l'impianto narrativo nonchè cancella quasi del tutto situazioni e personaggi. Nel farsi migliore interprete dei reali "desiderata" del fruitore medio di questo genere di pellicole, il Bianchi decide di sfruttare al massimo la bravura di un truccatore "doc" come Rosario Prestopino per regalarci un concentrato inaudito d'orrori e di orrore in cui l'ingresso in sala può essere a buon diritto equiparato a quello d'un tunnel delle streghe del più sgangherato luna park.
Nell'unica location a disposizione (una villa a Frascati abituale teatro del nostro cinema di genere con la sola eccezione di qualche altra ricostruzione nei ripostigli della Incir De Paolis), Andrea Bianchi ricrea atmosfere claustrofobiche e stranianti, quasi antesignane di costosi e acclamatissmi slashers d'oltreoceano, con l'indubbio merito di non annoiarci mai. Assistiamo dunque, quasi senza soluzione di continuità e ispirandosi direttamente ai testè citati horrors fulciani, a zombi in avanzato stato di decomposizione che, spuntando da ogni dove (persino dai vasi di fiori), fan bella mostra di vermi che fuoriescono dai bulbi oculari. Tra primi piani di teste spaccate, arti mangiati e trippa di pecora a simulare interiora umane, ecco che Antonella (o Antonietta) Antinori (già compagna del segretario del PSI Claudio Martelli), riceve idealmente il testimone dall'Olga Karlatos di "Zombi 2", facendosi allegramente trapassar la pupilla da una scheggia di vetro. A dimostrazione dei rapporti non esattamente idilliaci tra il Crisanti e Mariangela Giordano (firmatasi nei titoli di testa come Mariangela Giordan (sic!)), sua compagna dell'epoca, quest'ultima dovrà subire ancora una volta una delle morti più bizzarre e cruente della storia del cinema. Dopo essere stata segata in due sul tavolo da cucina in "Giallo a Venezia" e trafitta con uno spiedone in "Patrick vive ancora", sarà il nano Peter Bark (all'anagrafe Pietro Barzocchini), nella parte di un improbabile figliolo adolescente, a strapparle nel finale a morsi la mammella, il tutto sottolineato da stranianti e caciarosissime strombazzate.
In un'atmosfera difficilmente sostenibile scoloriscono a elemento secondario tutte le incongruenze, le assurdità e le perle di trash dovute a una sceneggiatura eufemisticamente latitante. Non è infatti un caso che gli zombi vengano definiti ora come "corrosi dal tempo", in una geniale intuizione del fotografo Chirizzi con il suo inconfondibile "riportino", ora come "mostri viventi" dalla "top-model denoartri" Karin Well, per l'occasione stranamente e quasi perennemente struccata. Ciò senza tralasciare le automobili "inglesi" con guida a sinistra e il maniero che, a detta degli autori, dovrebbe trovarsi in Terra d'Albione, ancorchè costruito su tombe etrusche!!!!
Senza tradire la sua vena becera, il Bianchi ricostruisce l'erotismo tutt'altro che cerebrale fra lo "scrittore" Mattioli e la cavallona Antinori; agghindata con biancheria intima recuperata da qualche cassonetto della villa, prima d'abbandonarsi all'immancabile amplesso con l'amato, la nostra riceverà come prosaico apprezzamento, un indimenticabile "Sembri una puttana, ma è così che mi piaci!!".
Un film che al tempo della sua uscita in sala, probabilmente mal pubblicizzato, totalizzò incassi miserrimi e proiettò il Bianchi alla più redditizia volta dell'hard.
Presenza immancabile delle rassegne horror dedicate a questo filone, la pellicola è assurta di recente, senza volerlo, a vero e proprio oggetto di culto; ha fomentato accesi dibattiti fra estimatori e detrattori della stessa ed è stata oggetto di costosissimi restauri per sontuosi dvd e blu-ray di produzione italiana e soprattutto estera.
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