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Hugo Cabret

Regia di Martin Scorsese vedi scheda film

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La recensione su Hugo Cabret

di scandoniano
10 stelle

Hugo Cabret è un orfano che vive clandestino nella stazione di Parigi negli anni ’30. Quotidianamente assurge al compito dello zio Claude, alcolizzato, ossia tenere in orario gli orologi della stazione parigina. Privatamente invece Hugo vive con lo scopo di riparare una macchina, un automa lasciatogli in eredità dal padre orologiaio, e per questo sviluppa una grande abilità nel riparare congegni . Quando il giocattolaio Georges lo sorprende a rubargli alcuni pezzi di ricambio di vecchi marchingegni (utili al ragazzo per rimettere in sesto l’automa), ad Hugo viene sequestrato il prezioso taccuino a cui pare che Georges sia ancora più affezionato…

Dalla trama non si direbbe, ma “Hugo Cabret” è l’omaggio di Martin Scorsese al cinema, in particolare al cinema come macchina creatrice di sogni. Di fatto si tratta di una sorta di biopic sulla vita di uno dei più importanti cineasti degli albori della settima arte, quel Georges Meliès che trasformò il cinema da “semplice” riproduttore di immagini in movimento a fabbrica di sogni, inventando di fatto il cinema di finzione.

Il vero protagonista del film tuttavia è il tempo, nella sua raffigurazione più banale, ma anche più suggestiva: l’orologio, fatto di ingranaggi e di meccanismi perfettamente coordinati, ricorre frequentemente (il padre di Hugo era un orologiaio, lo zio Claude teneva “in ordine” il tempo della gare parigina, Georges Meliès lavora col metronomo, solo per far alcuni esempi), il tutto con l’intento di mitizzare il tempo analogico.

Tratto dal libro “La straordinaria invenzione di Hugo Cabret” di Brian Selznick, il film è l’ennesima prova di livello di Martin Scorsese che si cimenta in una prestazione registica straordinaria (emblematica la splendida introduzione con il piano sequenza che dal cielo blu di Parigi arriva fino all’occhio di Hugo che sbircia curioso, come dall’obiettivo di una cinepresa).

La ricostruzione della Parigi degli anni ’30 è straordinaria e l’ampio cast è di livello, in particolare notevole la prova di Ben Kingsley, che interpreta Meliés, mentre Sacha Baron Coen si mostra oramai ben calato nelle megaproduzioni. Stona soltanto la prova del piccolo Asa Butterfield, nel ruolo di Hugo, che recita in maniera artefatta e molto costruita, come un adulto in un corpo da bambino.

La (non eccessivamente) prolifica notte degli Oscar del 2012 incorona il film come straordinario prodigio di maestranze più che contenutistico: le 5 statuette dell’Academy sono tutte “tecniche” (scenografie – di Ferretti e Lo Schiavo -, fotografia, effetti speciali, sonoro e missaggio).

L’automa è uno l’emblema del film e c’è da scommettere lo rappresenterà sui futuri libri di storia del cinema. “Hugo Cabret” è di un’intensità abbagliante, una pellicola che ogni appassionato di cinema dovrebbe vedere almeno una volta nella vita, un vero capolavoro. Ma visto come ci ha abituato Scorsese, sarebbe stata una notizia se fosse stato il contrario.

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