Regia di Martin Scorsese vedi scheda film
Tratto dal libro La straordinaria invenzione di Hugo Cabret (The Invention of Hugo Cabret) di Brian Selznick, dopo la sua fruizione mi sono reso conto della fondata ragione per la quale la maggior parte dei premi e riconoscimenti ottenuti da questo film siano esclusivamente di natura "tecnica", soprattutto per quanto riguarda le scenografie di Dante Ferretti.
A lungo sono rimasto indeciso se assegnare due o tre stelle. Alla fine la delusione ha prevalso. Non so se con il 3D avrei raggiunto la terza stella, non avendolo visto in quel formato. Comunque è probabile di sì, sempre considerando quanto detto poc'anzi.
Il problema è invero nel soggetto, magari non per colpa della fonte originale, ma soltanto perché la sceneggiatura di John Logan non si è dimostrata affatto all'altezza del compito. Vorrebbe imitare Charles Dickens, senza esserne in grado. Tanti personaggi appena accennati e presto del tutto dimenticati. Lascia presupporre dei risvolti che non saranno esplorati, sprecando malamente delle buone occasioni, con mio profondo rammarico. Mai approfondite saranno le loro storie, divenendo allora superflui. Il racconto si dipana così con eccessiva lentezza, centellinando con parsimonia un numero già troppo scarno di elementi per riuscire ad alimentare l'interesse nei confronti della "cerca". Si, perché si vorrebbe disvelare un misterioso segreto, che in realtà si scoprirà essere un mero pretesto. Degli indizi disseminati nella prima parte tutto verrà abbandonato nella seconda e molte delle domande resteranno dunque senza risposta. Questo poiché ci si focalizzerà su quello che era poi sempre stato il vero intento del regista, ovvero l'omaggio alla Settima Arte, alle creazioni di Gorge Méliès.
Nota di demerito per quanto concerne il trailer, del tutto fuorviante. Crea erronee aspettative nelle famiglie, che condurranno i loro pargoli verso un'ineluttabile frustrazione. E distoglie i cinefili, che invece sarebbero gli effettivi destinatari del film. A questo punto, sono giunto all'idea che un documentario si sarebbe rivelato più adatto allo scopo. Una sostanziale divergenza esiste, infatti, fra quello che avrebbe potuto essere e ciò che è stato. Il qui presente è un amalgama malriuscito. Non credo che le due "anime" siano davvero così inconciliabili (sono anzi fermamente convinto del contrario), ma questo è a mio avviso di certo un tentativo d'incontro fallito.
Anni Trenta. La luna, le luci di una città, una stazione affollata, due occhi spaventati. Le immagini scorrono fino a inquadrare il volto di Hugo Cabret, l'orfano che vive nella stazione di Parigi. Nel suo nascondiglio segreto, Hugo coltiva il sogno di diventare un grande illusionista (ad esempio, questo aspetto non è risaltato nel film) e di portare a termine una missione: riparare l'automa che il padre gli ha lasciato prima di morire (ecco il pretesto). Ma, sorpreso a rubare nella bottega di un giocattolaio (elevato poi a protagonista), Hugo si imbatterà in Isabelle, una ragazza che lo aiuterà a risolvere un mistero (ulteriore scusa) in cui identità segrete verranno svelate e un grande, dimenticato maestro del cinema tornerà in vita (questo è, in realtà, il solo e unico obiettivo).
Belle musiche, alquanto funzionali nel creare le giuste atmosfere, orchestrate dal talento Howard Shore.
La storia manca di un sincero cuore pulsante. Non coinvolge, a causa dell'assenza di avventura, mistero e magia (queste erano le promesse, purtroppo non mantenute). E i siparietti sono di dubbia comicità. Diversi personaggi sono appena abbozzati.
Tecnicamente ogni critica è impossibile nei confronti di Martin Scorsese. Un artista. E si vede.
Restituisce l'Hugo Cabret che gli è richiesto. Sembra l'erede di Elijah Wood.
Discreta Isabelle, adatta al ruolo assegnatole. Qui ricorda Emma Watson.
Fosse stato meno caricaturale il suo Ispettor Gustave...
Interpreta il padre di Hugo per i pochi secondi che gli sono concessi.
Una Lisette ai limiti della mera comparsa.
Georges Méliès è in realtà il vero protagonista del film.
Del tutto sprecato il suo bibliotecario, Monsieur Labisse.
Solo il tempo di apparire, per lo zio Claude Cabret.
Relegato nel secondario Monsieur Frick.
Una Mama Jeanne, moglie di Georges Méliès, senza infamia né lode.
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