Regia di Martin Scorsese vedi scheda film
Se ci si lascia catturare dalla suggestione visiva generata da una fotografia così perfetta da risultare quasi maniacale, dalle mille fantasie immaginifiche e da una computer graphics ben amalgamata e mai invadente, si potrebbe parlare di capolavoro. Qualcosa però non convince nella sceneggiatura sfilacciata e poco verosimile in cui la storia di Hugo viene giustapposta a quella di Melies in modo artificioso, quasi come fosse un corpo estraneo. Si tratta, certamente, anche di una narrazione fiabesca ma una maggiore coerenza interna sarebbe stata necessaria ed avrebbe contribuito a dissipare quello sgradevole retrogusto di superficialità patinata che impoverisce quest'opera. Ciò nonostante la visione riesce a suscitare una sorta di struggente meraviglia unita al rimpianto per un'epoca in cui la tecnologia era concepita e percepita come strumento di promozione e non di asservimento, dove gli animi conservavano una forma di innocenza che consentiva lo stupore, dove l'arte esisteva nella sua unica forma possibile, quella artigianale della passione e del talento. Una fiaba, appunto, che questo film ha il merito di narrare come atto di amore per quella creatività pioneristica e fantasmagorica all'origine del cinema.
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