Regia di Martin Scorsese vedi scheda film
Un ragazzino ripara un automa che gli fa scoprire Georges Melies: sarà l'occasione per lui di trovare una nuova famiglia, mentre l'anziano e disilluso cineasta potrà rivivere la magia dei tempi andati, facendo riscoprire al mondo la sua opera. Mi capitò di vedere questo film per caso, senza averne sentito parlare in precedenza, e ricordo che, giunto ai titoli di coda, rimasi esterrefatto nell'accorgermi che fosse di Scorsese: tutto, dalla colonna sonora (un Howard Shore ai minimi storici), alla fotografia patinata, alle artificiose ambientazioni fiabesche, lasciava pensare a Chris Columbus o allo Spielberg degli ultimi anni. È paradossale che l'opera più apertamente pregna di amore per il cinema del regista, risulti essere di gran lunga la più anonima della sua carriera. I protagonisti sono abbozzati, un miscuglio di stereotipi dickensiani di cui mi sono stancato dopo la prima mezz'ora (con le immancabili tragedie familiari a profusione), seguiti da un cast di comprimari forzatamente pittoresco, se non del tutto evitabile (la guardia della stazione...). L'unico guizzo che arriva a colpire il cuore del cinefilo è rappresentato dai lampi di dolore provenienti da Melies (le cui pellicole vengono sciolte per fare tacchi da scarpe), ma purtroppo parliamo forse di cinque minuti su due ore e passa.
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