Regia di Andrea Biglione vedi scheda film
Andrea e Marco, non si sa come, dividono un appartamento a Roma: Andrea pensa solo alle canne e al sesso, finché un’insegnante di ballo non lo fa cambiare; Marco, bello e scontroso ai limiti dell’afasia, non vuole saperne del padre, che con «un attico di 200 mq ai Parioli» vorrebbe farsi perdonare lo scarso affetto. Giulia, orfana di padre, insegnerà a Marco ad amare. Peccato che la loro storia durerà una sola estate. Il titolo è quello di una canzone di Mia Martini, che ovviamente accompagna la prima notte d’amore tra i due protagonisti. Ma potremmo sostituirlo con Non son degno di te o Chimera, perché la complessità delle emozioni è pari a quella di un musicarello 2.0 che vorrebbe incassare come Love Story, scopiazzando Moccia, ma è vecchio e risaputo come la tinta di Morandi: lui e lei si amano, lei ha una malattia incurabile, lui impara cosa vuol dire soffrire per amore. A parte una bizzarra rievocazione di Hula Hoop di Plastic Bertrand, è un musicarello senza tormentoni e rivestito di patina gggiovane: esterni su piste di motocross, interni con luce morbida e sexy, commento pop caramelloso come in Grey’s Anatomy. Giuseppe Maggio, clone junior di Scamarcio, parla come la fricchettona di Un sacco bello. Tutte le sue battute sono da dimenticare, al pari della categoria genitoriale inadeguata e quella cazzara e più che adulta che il film vorrebbe denigrare e infine assolve. L’unico convincente è Andrea Roncato, padre vicario imbarazzato.
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