Regia di Rodrigo Cortés vedi scheda film
“Le persone più intelligenti sono le più credulone; si fanno incantare da fenomeni di ogni genere perché pensano logicamente e i maghi giocano su questo”. Questa frase, detta da Margaret Matheson (Sigourney Weaver), psicologa sperimentale e ricercatrice, potrebbe riassumere il senso di questo film, peraltro discutibile e controverso.
In effetti, a me pare che il senso del film sia soprattutto il contrasto fra scienza e non-scienza, che non deve, per forza o esclusivamente, consistere nella religione, ma in tutta una serie di fenomeni che sembrano non avere una spiegazione razionale.
In realtà le cose sono molto meno chiare di quanto sembri. Il film cerca di rappresentare proprio le contraddizioni, i punti oscuri che gli scienziati e gli studiosi, che pretendono di possedere la verità, mostrano invece di avere.
Rodrigo Cortés, giovane regista spagnolo, costruisce allora una storia “esemplare” che serva cioè da modello, da spunto per affrontare il problema. Margaret e Tom Buckley (Cillian Murphy) da anni conducono, insieme, una serrata campagna volta a smascherare fenomeni cosiddetti paranormali (avvenimenti “miracolosi”, maghi, illusionisti e ciarlatani) e trovare spiegazioni razionali che li spieghino.
Le loro convinzioni, però, sembrano non essere così assolute. In specie Margaret. Quasi all’inizio del film, infatti, davanti al figlio David, in coma, dice.”La ragione per cui la gente crede ai fantasmi è la stessa per cui crede alle case stregate o al tunnel di luce, perché vorrebbe dire che c’è qualcosa dopo la morte. Io vorrei tanto che ci fosse…ma non sono pronta a permettere che le mie convinzioni siano determinate dai miei desideri o dai miei bisogni”. Quel “Vorrei tanto” e quel “Non sono pronta” sono due “luci rosse” (e cioè, come dice Margaret stessa, note discordanti, qualcosa che non ci dovrebbe essere”). Inoltre, nel corso di una trasmissione televisiva, in luogo di un dibattito generico, investita sul piano personale, perde il controllo e lascia bruscamente lo studio.
Si pone quindi chiaramente il problema, vero, reale, dell’estrema difficoltà per l’uomo di ragionare in modo neutrale, asettico, estraniato a livello personale dalle proprie radici, dalla propria cultura.
Nel film, c’è un truffatore, Simon Silver (Robert De Niro), che avvalendosi della propria abilità e di raffinatissimi trucchi elaborati in tanti anni di attività di ciarlatano, non è mai stato smascherato e gode di un credito quasi unanime, al punto da spingere studiosi scettici a dichiarare l’impossibilità per la scienza di spiegare le sue “performances”. La sua fama è legata inoltre ad episodi cruenti e poco chiari, connessi con “incidenti”, o presunti tali, occorsi a chi cercava di indagare seriamente sui suoi “numeri” straordinari.
Il ciarlatano verrà smascherato, ma il prezzo sarà molto, ma molto salato.
Il punto però è un altro: conoscere se stessi è elemento essenziale per la conoscenza del mondo. E’ l’imperfetta conoscenza delle proprie paure, delle proprie debolezze a rendere l’uomo fragile e pronto a cedere alla suggestione, all’ignoto, al mistero che ci circonda.
E’ su ciò che i ciarlatani fanno affidamento. Anche gli scettici, apparentemente più alieni da ogni forma di accettazione acritica, hanno punti deboli e su questi, i millantatori e gli incantatori punteranno per sgretolare le loro presunte certezze e proporsi più che mai come esseri dotati di poteri soprannaturali e guadagnarsi fama e ricchezza.
Come si vede, poteva essere un buono spunto per una riflessione seria sull’argomento. Ci sarebbe voluta però una mano ferma, tesa più a indagare sui fenomeni inconsci che condizionano troppo spesso le nostre scelte, piuttosto che imbastire una storiella infarcita di mezzucci filmici triti e ritriti e di scene costruite per alimentare una tensione che stenta a decollare.
Anche l’interpretazione dei protagonisti non convince per niente: Robert De Niro, da tempo ormai, è un gigione insopportabile, Sigourney Weaver non è mai stata una vera grande attrice e meno che mai in questo film; infine, Cillian Murphy è sempre fuori misura e oltre le righe. Gesticola, urla, strabuzza gli occhi, ma la sua recitazione lascia molto a desiderare.
E’ il classico esempio del film che promette e che non mantiene.
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