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Red Lights

Regia di Rodrigo Cortés vedi scheda film

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La recensione su Red Lights

di mc 5
6 stelle

Storia di un film quasi sprecato. E che avrebbe potuto essere un thriller parapsicologico coi fiocchi se il regista (ma qui anche produttore e sceneggiatore) Rodrigo Cortes non avesse voluto fare il "fenomeno". Il percorso artistico del nostro uomo è di quelli già visti. Cortes si fa notare al "Sundance" con un film ("Buried") che fa discutere e diventa un cult (a mio avviso in questo senso sopravvalutato). A Hollywood, con la scarsezza di idee che regna da quelle parti, non si fanno sfuggire l'occasione e propongono al giovane spagnolo un film con un budget come si deve (nel film precedente era stato praticamente inesistente) e addirittura coinvolgendo nel progetto due veterani come Bob De Niro e Sigourney Weaver. Oltretutto, viene garantito a Cortes il pieno controllo sull'opera. Tutto sembra dunque volgere al meglio. Ma Cortes si lascia scappare un'occasione d'oro. Vediamo come e perchè. Egli ha un evidente gusto per le storie misteriose ed oscure, e fin qui tutto bene. Ma c'è un problema. Cortes costruisce una vicenda piuttosto sfiziosa. Intendiamoci: in fatto di storie impostate su veggenti e casi di paranormale al cinema si è già visto di tutto e di più, ma Cortes può contare su buoni attori e su uno script intrigante. Ma l'uomo ha voluto esagerare. Nel senso che, complice una probabile attitudine al perfezionismo, Cortes si dev'esser sentito in colpa per una trama troppo scontata...e allora ha voluto aggiungerci il carico da 90, con l'evidente scopo di intorbidire, complicare, rimescolare le carte. Con la buona fede di chi intendeva così affrancarsi dalla banalità del deja vu e della pellicola di genere, Cortes ha confuso artificiosamente una vicenda probabilmente prevedibile ma comunque messa in scena con gusto e professionalità. In sostanza, temendo di accarezzare lo spettatore "dal verso del pelo", ha esagerato nel senso opposto, gettandogli fumo negli occhi, confondendolo e lasciandolo perplesso. Ora sintetizzo la vicenda e tutto sarà più chiaro. Una scienziata e il suo giovane assistente hanno come "mission" quella di smascherare i casi di paranormale farlocco mettendo i ciarlatani con le spalle al muro. E dunque visitano l'America in lungo e in largo verificando e valutando, e inoltre partecipando a lezioni e convegni sul tema. Ogni volta affermando la vittoria della razionalità sul soprannaturale. Finchè i due non si scontrano con il fenomeno di un veggente, tale Simon Silver, peraltro non vedente, che pare diverso dagli altri, tostissimo e circondato da un'aura mefistofelica, animato da un atteggiamento di sfida che ha del diabolico. E nella pellicola sono filmati con molta efficacia i "numeri" di costui in teatri gremiti, potendo contare sulla potenza espressiva di un De Niro che non vedevamo da decenni così istrionico (finalmente impegnato in un ruolo dignitoso dopo innumerevoli schifezzuole). E' chiaro che tra i due razionalisti e "l'uomo nero" si scatena una sfida estenuante e che i nostri "eroi" faranno di tutto per beccarlo "in castagna". Non è uno spoiler, perchè è intuitivo che ci riusciranno, così come è prevedibile una scena finale in cui la resa dei conti è da delirio. Ma qui il nostro regista-sceneggiatore arriva a complicare le cose tirando fuori dal suo cilindro d'autore una deriva a cavallo tra spiritualismo new age e una vena soprannaturale che fa molto Shyamalan e di cui non si sentiva (almeno per quanto mi riguarda) alcuna necessità. E per rendersene conto basta ascoltare ciò che va blaterando Cillian Murphy mentre nelle inquadrature finali vaga sotto la pioggia col volto tumefatto. Egli fa discorsi che vagheggiano di eventi paranormali riferendoli al dolore per lutti subìti, quando appena pochi secondi prima il suddetto mondo del paranormale era stato clamorosamente smascherato nei suoi trucchi più sofisticati. Mah. Si voleva probabilmente tentare un colpo di genio, il twist ending che fa la differenza...e invece Cortes produce l'effetto di confondere ed irritare il pubblico. Resta da dire di una buona prova di Sigourney Weaver la cui età non più giovanissima non le impedisce di trovare -come in questo caso- copioni adatti alle sue corde. Detto di un De Niro finalmente recuperato (ma per quanto?) va infine evidenziato il talento (confermatissimo) di Cillian Murphy. Del quale mi piace dire che lo ritengo l'anti-Robert Pattinson per eccellenza: giovane e bello ma non imbambolato, sexy e piacevole ma senza essere schiavo di alcun clichè. Concludendo. Quello che poteva essere un gustoso film di genere si è trasformato in un esercizio confuso e pretenzioso.
Voto: 6

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