Regia di Jason Reitman vedi scheda film
Meno banale di quanto sembra il film di Jason Reitman mette in luce sotto forma di una amara commedia con qualche sfumatura drammatica, uno dei punti cardine della crisi dell’uomo contemporaneo. La paura di crescere, di conseguenza di invecchiare, di assumere su di sé le responsabilità della vita, l’illusione di potersi trastullare nel passato vivendo in un’aurea di eterna giovinezza. Mavis Gary scrittrice divorziata e con una vita relazionale abbastanza vuota, ritorna al suo paese d’origine per riconquistare il suo ex degli anni del liceo che nel frattempo si è costruito una famiglia. In One hour photo di Romanek abbiamo già trovato un’alienata e deformante identificazione all’interno del quotidiano altrui, le cosiddette vite degli altri vengono in qualche modo modificate dal personaggio “invasore” con il tentativo di cambiare il corso degli eventi in favore di sentimenti deviati e delle pulsioni personali. In Young adult si fa un passo in più, si crede nella ricreazione di un momento passato che contenga negli altri soggetti coinvolti lo stesso carico emotivo e sentimentale indipendentemente dallo stacco temporale. Il comportamento schizzoide di Mavis Gary interpretato da Charlize Theron, è la risultante dello scontro fra la sua attuale immagine pubblica e interiore con il ricordo narcisistico della sua gioventù, laddove era ammirata, invidiata e desiderata. Se il film sforma una parziale e scontata dissacrazione dell’ambiente metropolitano artistico di successo, Jason Reitman non forza il confronto con l’ambiente di provincia affatto esente da meschinità, impoverimento culturale, soggezione mediatica, ma è fuori dubbio che si sofferma anche su di un ambiente più a misura d’uomo, portatore di valori meno superflui, riconducibile ancora ad un senso di comunità ignoto nelle grandi città. La mancanza di razionalità, l’incapacità di crescere e di dare un senso alla propria vita sono attribuite al personaggio di Mavis senza troppi particolari, dovrebbe essere il contesto scenico a costruirle. Se la protagonista grazie ad una buona prova d’attrice regge fino quasi alla fine, sono i comprimari, il suo ex e la moglie, il vecchio compagno semi invalido e la sorella, i genitori stessi di Mavis a ricoprire il proprio ruolo in maniera ordinaria e a non dare la possibilità di un punto di vista alternativo ad una vicenda già scritta dalle battute iniziali. L’unica via di salvezza può essere la scrittura, la donna continua a scrivere quello che forse è l’ultimo romanzo di una collana che non ha più successo, e attraverso le parole inventate analizza e mette a fuoco la responsabilità dei suoi gesti. Tutti i componenti della vicenda alla fine si salvaguardano e l’atteggiamento della donna tanto era ferocemente diretto dalla sua depressione tanto velocemente si attesta su un’ambigua posizione che sta fra la presa d’atto e il ritorno del controllo delle sue pulsioni. Young adult evidentemente deve sottostare a un equilibrio conformista in cui si nasconde qualsiasi tipo di influenza educativa, psicologica e sociale a fronte di un soggetto umano, a cui affidare metaforicamente uno specchio su cui riversare la propria incoscienza anche pesantemente, ma che comunque rimane dentro un emisfero controllato di relazioni che tengono in piedi una società frustrata, profondamente infelice e senza desideri.
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