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Il mucchio selvaggio

Regia di Sam Peckinpah vedi scheda film

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La recensione su Il mucchio selvaggio

di giorgiobarbarotta
9 stelle

Il tramonto del mito western. Polvere sporco, sudore e sangue. Una banda di delinquenti inseguiti da un manipolo di scalzacani. La guerra messicana sullo sfondo. E l'abbaglio del denaro. Una montagna di inquadrature e girato. La naturale propensione alla violenza da parte dell'uomo come poetica. Figure femminili confinate a ruoli degradati. Fiumi di alcool e pallottole. Un regista in anticipo di un decennio sul cinema d'azione che verrà. Un film mitico. Anche in Italia, dove una storica rivista di cultura, musica, costume e politica ne ha preso il nome. Simbolo di un immaginario anticonformista, in antitesi all'epopea western romantica. Crudo, realistico, disilluso, cinico. Almeno tre sequenze memorabili: l'assalto alla banca cittadina in apertura, l'attacco al treno, il massacro finale. Cast di vecchie glorie. Citando Emidio Clementi dei Massimo Volume in un noto reading: "Cavalli rotolano su se stessi, ponti fatti saltare con la dinamite, cow-boy cadono dai cornicioni. Nella convulsione dell’azione subentra la calma, la tensione si scioglie. I quindici minuti finali de “Il mucchio selvaggio” sono tutti così. Pike e soci sanno da che parte sta il bene e da che parte è il male, ma si illudono che la loro posizione di fuorilegge li preservi dall’eterno conflitto. Loro devono pensare a concludere affari. Ma la mattina dopo la festa hanno le bocche marce d’alcool, la prostituta che hanno accanto ha un bambino appena nato che piange nell’altra stanza, i vestiti puzzano e tutto quello che hanno guadagnato sono delle piastre di metallo nemmeno troppo simili a monete. Allora si lasciano massacrare come cani e questo sembra l’unica cosa che li appaghi realmente» cit. da Peckinpah in rallenty.

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