Regia di Sam Peckinpah vedi scheda film
La leggenda del western si sfalda, anzi, esplode, in un pietrisco polveroso, fatto di uccisioni e ruberie in ordine sparso. La cecità causata dall'abbrutimento si butta tra le braccia del nonsenso e della sua grottesca follia. Il paesaggio appare intatto nel suo splendido vigore naturale, e la fotografia sfoggia la vivida solarità tipica del genere; tuttavia l'umanità è ridotta ad un nugolo di pupazzi infeltriti e sfilacciati, per i quali esistono due sole alternative: essere divorati dal tarlo della miseria, oppure tagliare i ponti col passato e vivere di scorribande, possedendo solo ciò che si riesce a far proprio con la forza. Non c'è legge né morale in un mondo in cui tutti sono banditi e avventurieri, per altro senz'ombra di eroismo, in quanto mercenari al soldo del miglior offerente, o, peggio, del primo venuto. Un'uniforme patina fangosa ricopre la totalità dei personaggi, cancellando ogni tradizionale distinzione tra giusti e criminali; del resto la storia è un confuso tiro incrociato di violenza e rapacità, attraverso il fronte frastagliato che divide prede e predatori, inseguitori e inseguiti. "Il mucchio selvaggio" è un'aspra e ignobile odissea ambientata in un territorio che, lungi dall'essere fertile terra di conquista, è oramai solo uno squallido terreno disseminato di animalesche insidie. Peckinpah sostituisce il pennello dei sentimenti con la spatola dell'istinto e la ramazza del rancore, in un film in cui la carne è legno da graffiare; eppure c'è un'anima di acciaio che rimane in piedi, tra i cespugli secchi, le rovine erose ed i cadaveri degli ammazzati, ed è la ferrea volontà di non piegarsi mai.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta