Regia di Tim Burton vedi scheda film
Prologo gotico, svolgimento srotolato su tappeto musical/cromatico Seventies, epilogo romantico. Tim Burton s’impiastriccia le mani coi generi e ci regala un quadro caotico, amabilmente eccessivo, fuso e confuso come i personaggi che abitano la rovinosa magione di Collinwood. Posate d’argento sostituite con modeste riproduzioni ferrose, la famiglia che diede il nome alla cittadina del Maine è precipitata nell’oblio fuligginoso dopo una serie di sfortunati eventi risalenti a due secoli prima: quando il giovane Barnabas Collins (Johnny Depp) rifiutò la malefica Angelique (Eva Green) attirando su antenati e progenie una maledizione sempiterna e tonitruante. L’eterea fanciulla da lui amata si getta da una rupe, il ragazzo viene mutato in vampiro e sepolto non morto per un’eternità provvidenzialmente interrotta da una scavatrice. È il 1972, Barnabas accidentalmente liberato da una squadra di operai torna “a casa” deciso a rimettere in sesto l’attività di famiglia. Dovrà passare per la famiglia, sgangherato carrozzone di freak capitanati dalla matriarca Michelle Pfeiffer, che prende con pragmatica simpatia la natura mostruosa dell’avo. La normalità non abita a Collinwood e Burton la tiene da sempre a distanza come un maleficio che inquina la Visione del mondo. Dopo un’opera di (dis)umanità disturbante (Sweeney Todd) e un’Alice povera di Meraviglie, si abbandona al piacere debordante e allucinato del divertissement. Non c’è nulla da prendere sul serio, in questa storia semplice di amore disperato e legami di sangue che schizza come un’opera d’arte moderna su cornice ottocentesca. Non a caso la sceneggiatura è di Seth Grahame-Smith, autore del dissacrante ibrido letterario Orgoglio e pregiudizio e zombie. La derivazione telefilmica (Dark Shadows è stata una serie cult per i teenager dei tardi anni 60) è brillantemente assecondata con un disegno da soap opera. La prospettiva del divano (sfondato) abbraccia le dinamiche familiari diversamente disfunzionali, mentre un pallido Johnny Depp sgrana gli occhi di fronte al Mefistofele moderno incarnato dalla gigantesca M di McDonald’s. Flower Power su passioni ardenti (consumate su canzoni di Barry White!), sovrumano cameo di Alice Cooper e una ipnotica, tragica Eva Green platinata che tende il suo marcio cuore fluorescente oltre lo schermo.
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