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Dark Shadows

Regia di Tim Burton vedi scheda film

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La recensione su Dark Shadows

di scandoniano
8 stelle

Le “ombre nere” del titolo sono quelle che si abbattono sulla famiglia Collins, fondatrice della cittadina di Collinwood nel lontano 1700 ed oggi imprenditori in disgrazia. Ad aiutarli arriva, liberato da lavori di scavo poco attenti, l’avo Barnabas, che nel lontano 1780 vide la fidanzata assassinata e il suo corpo trasformarsi in quello di un vampiro, ad opera della gelosa strega Angelique. Nella Collinwood del 1972 gli spettri del passato sono tutt’altro che un ricordo, anzi sono molto presenti…

Che lo stile di Tim Burton sia riconoscibile ad occhi chiusi è un dato di fatto fin troppo scontato. Ed è forse qualcosa di cui lo stesso Burton pare aver preso coscienza, tanto da concentrare tutti gli sforzi (ed ottenere dunque i maggiori risultati) dalla potenza della sceneggiatura, firmata da Seth Grahame-Smith, e presa in prestito piuttosto fedelmente dall’omonima soap anni ‘60 edita dalla ABC e pressoché sconosciuta in Italia. Questo non vuol dire che la messa in scena, al solito peculiarizzante, venga trascurata, anzi. Il film mixa sagacia nei dialoghi a ricercatezza stilistica nelle ambientazioni, con una spruzzatina di cliché horror, dai quali per la verità gli autori attingono giusto le basi, proseguendo poi il cammino con le proprie gambe. Ben delineata la filosofia per la quale i “corsi e ricorsi storici” siano una parte fondante della nostra esistenza, ma soprattutto è ottimamente presentato il concetto della trasposizione dei ruoli nella storia (il triangolo amoroso si ripresenta dopo due secoli, seppur con ruoli sociali e propensioni personali differenti).

Il film ha spunti interessanti, è girato al solito con estrema maestria e si avvale di una componente ironica notevole (la battuta sulla grande M ad inizio film è geniale!), purtuttavia denotando troppi buchi nella storia, qualche filo della trama estremamente labile e soprattutto troppi tempi morti.

Depp stavolta è conciato come un Willie Wonka a cui hanno rubato il cappello e si ha l’impressione che abbia terminato il bagaglio, che si credeva sterminato, di espressioni e sfumature; il personaggio è un po’ troppo imbalsamato, tanto che la scena gliela ruba l’ottima Eva Green (capelli di stoppa e trucco da battona), perfettamente calata nella parte della strega mefistofelica e spietatamente vendicativa. Ottima l’ambientazione anni ’70, l’uso delle musiche d’epoca e soprattutto i numerosi, caricatissimi contrasti tra passato e presente in cui le analogie (rivedute e corrette) si sprecano, procurando spesso non poche risate. Il film più atipico di Burton, a metà tra fantasy e black comedy, è un film riuscito.

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