Regia di Tim Burton vedi scheda film
“Per alcuni il sangue è un privilegio” son le prime parole del nuovo film di un autore che con il sangue, la vita, la morte e il suo mistero ha un rapporto di gran privilegio. Tim Burton è Tim Burton, nonostante le sue ultime produzioni non siano un granché. L’arte geniale del regista visionario, questa volta, ci riporta nel 1752, nella famigliola formata da Joshua e Naomi Collins, insieme al figlioletto Barnabas. Come le famiglie verghiane, salpano da Liverpool, in Inghilterra, in cerca di una nuova vita negli Stati Uniti, fra tempeste, sfortune, per sfuggire alla maledizione che ha colpito la famiglia. Due decenni dopo Barnabas si è sistemato nella cittadina di Collinsport, Maine. Signore della tenuta Collinwood Manor, Barnabas è ricco, potente ed è un vero playboy, tanto da catturare anche il cuore di Angelique Bouchard. Questa è una strega e gli assegna un destino peggiore della morte: lo trasforma in vampiro e lo fa seppellire vivo. Dopo duecento anni la tomba di Barnabas viene inavvertitamente aperta, liberando il vampiro nel 1972, in un mondo molto diverso da quello di cui aveva memoria. Barnabas fa ritorno a Collinwood Manor per scoprire che la sua casa è andata in rovina, ma che gli eredi della sua eccentrica famiglia vi risiedono ancora, ognuno con i propri segreti oscuri. Per risolvere i problemi di famiglia, la matriarca Elizabeth Collins Stoddard ha addirittura ingaggiato una psichiatra, la dottoressa Julia Hoffman. Nella tenuta risiedono anche il fratello di Elizabeth, Roger Collins, con la figlia adolescente, Carolyn Stoddard, e col precoce erede di Roger, il piccolo David Collins. Il mistero si estende oltre la famiglia, fino al custode Willie Loomis ed alla nuova tata di David, Victoria Winters. Burton ci riprova ancora una volta con un remake, come già con Alice in Wonderland (2010), questa volta utilizzando l’omonima soap-opera anni Sessanta, creata da Dan Curtis. Rabbuia e rende sempre più cupo il suo immaginario dark, popolandolo di deliziosi freak e inoltrandosi in ambienti sempre più stracolmi del suo altrettanto magico kitsch, soprattutto anni Settanta. Tanti i rimandi, gli omaggi, le suggestioni ma anche gli sberleffi ad altri film di genere, da la Famiglia Addams a La morte ti fa bella, compreso il più preso di mira: la saga di Twilight, ma anche al conte Orlok, sia quello di Max Schreck, ma anche al più riuscito di Willem Dafoe ne L’ombra del vampiro. Finanche l’autocitazione del suo meraviglioso La sposa cadavere. Dark Shadows affascina molto per la sua sfarzosa e curatissima rappresentazione, per mezzo di scenografie memorabili (qui la fabbrica di cioccolata convertita in industria di pesce), ma delude per quello che in esse avviene o si racconta. Buona parte del film lo fanno, come sempre accade nelle ultime e non esaltanti produzioni burtoniane, i suoi eccellenti attori: dal sempre più appesantito trucco di Johnny Depp alla cattivissima e fascinosa Eva Green, passando per l’eterna bellezza di Michelle Pfeiffer. Tutto qui. Il resto è un gradevolissimo divertissement, giocattolo già visto e utilizzato attraverso l’inflazionatissimo filone vampiresco, con in più la fascinosa confezione griffata Burton/Elfman: una goduria per gli occhi e gli orecchi (storia a parte).
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