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Mr. Smith va a Washington

Regia di Frank Capra vedi scheda film

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La recensione su Mr. Smith va a Washington

di Antisistema
9 stelle

Sono onesto, ammetto di essere partito prevenuto approcciandomi alla visione di tale film per via del regista Frank Capra su cui mi sono espresso in modo abbastana netto quando ci sono state le occasioni ed inoltre essendo a consocenza del finale dell'opera poco soddisfacente a prima impressione, questo Mr. Smith va a Washingthon (1939), avrebbe dovuto segnare un ulteriore tassello a dimostrazione su come Capra fosse tra coloro considerati "maestri", il più sopravvalutato. 
Purtroppo (o per fortuna direbbero in molti), con questa pellicola Frank Capra m'ha preso a ceffoni in faccia riuscendo nella difficilissima impresa non solo di farmi riconoscere le qualità del film (cosa ardua se uno s'è già formato un pregiudizio), ma anche di costringermi ad ammetterlo come capolavoro, nonostante la pellicola sia comunque pregna del suo stile e della sua visione dell'onestà e la purezza genuina dei valori americani. Cosa funziona qui che invece in altre sue pellicole precedenti e successive, come l'osannatissimo La Vita è Meravigliosa (1946), sembra mancare? In apparenza come già detto, sembra un film nel classico stile dell'autore, il quale però stavolta ha l'intelligenza di attuare una serie di arcogimenti narrativo-registici, che contribuiscono ad incalanare la visione del suo autore verso una maturità di pensiero mancante in molti suoi film. Capra si dà alla politica, cogliendo subito la sottile distinzione tra la politica ed i politici; la prima risulta essere un qualcosa di puro e nobile, ognuno di noi a prescindere da cosa vota o sostiene, ha una sua idea o visione da voler applicare al mondo che lo circonda perchè ritiene essa giusta e positiva anche per gli altri, mentre la seconda categoria, riguardante i politici, coloro che poi sono tenuti ad applicare concretamente le idee dandole forma concreta, sono molto meno nobili e la maggior parte sono compooste da gente che pensa ai propri interessi a scapito del bene comune. Il senatore Paine (Claude Rains, che in molti conosceranno per il ruolo di Sebastian in Notorius o l'ispettore di polizia in Casablanca) appartiene alla seconda categoria, anni addietro era partito dal suo territorio con nobili ideali ed aspirazioni, ma oramai da lungo tempo è controllato da Taylor, il quale lo sfrutta per far passare in Senato le leggi, che più fanno comodo ai propri interessi economici insieme all'altro suo collega senatore del suo stato, il quale però muore lasciando il seggio vacante così Paine e Taylor insieme al governatore del loro stato, cercano un sostituto da poter manovrare. Sin da subito Capra parte quindi con una discrasia, nel luogo istituzionale più nobile che ci sia negli USA, cioè il senato, il tutto è dominato dalla corruzione, conflitti di interessi e magheggi vari, che tutto producono, tranne benessere per il popolo. 

Un incipit "Wilderiano", nel quale Capra innesta Mr. Smith (James Stewart), un uomo comune sin dal suo cognome, boy-scout, amato dai ragazzi dalla sua compagnia, inesperto di politica ma fortemente ancorato ai valori americani con un forte senso di ammirazione in particolare per i presidenti Jefferson e Lincoln. La sua elezione al Senato è un elemento di rottura, se immetti in un sistema marcio un qualcosa di estraneo questo o si omologa, oppure sconquassa tutto come accade nel film. 

 

James Stewart, Claude Rains

Mr. Smith va a Washington (1939): James Stewart, Claude Rains

 

Smith ha uno sguardo colmo di una gioia e fierezza, tipica di chi si sente investito di un grande onore da portare avanti nel migliore dei modi possibili, a beneficio dei cittadini del proprio stato (il senato degli Stati Uniti è espressione dei singoli stati, che sono rappresentati in modo eguale, infatti l'istituzione è composta da 100 senatori), cercando di trovare la forza per il proprio compito traendo ispirazione in un tour "costituzionale" nei luoghi in cui i padri fondatori degli Stati Uniti, scrissero la costituzione, firmarono la dichiarazione d'indipendenza e impressero i concetti chiave della democrazia americana sui monumenti per sancirne il carattere sacro; si tratta di un viaggio catartico e al tempo stesso istruttivo, più che per Smith, Capra lo film e lo monta tramite numerose dissolvenze incrociate per dare degli insegnamenti sulla democrazie ed i suoi valori, senza sfociare nella retorica parlata, ma avvalendosi delle sole immaigni, che ribaltano una lunga sequenza potenzialmente patriottica ed indigesta, in una lezione di vita ed esemplificatrice del concetto di categoria "politica" rispetto a quello dei "politici". 

Mr. Smith nelle intenzioni di Taylor e Paine, dovrebbe essere una mera marionetta da manovrare per far approvare il progetto della diga nel loro stato che farebbe guadagnare un sacco di soldi al primo e alle varie lobby finanziarie, le quali poi ovviamente assicurerebbero nuovamente il loro appoggio al senatore Paine quando ci saranno le future elezioni per il senato. Do ut des, il mondo è sempre lo stesso, anche nella patria della democrazia dove i virus dovrebbero avere maggiori ostacoli al loro ingresso, ed invece anche un ottimista come Capra non può che essere disincantato nel suo sguardo nei confronti delle istituzioni. Ne esce il ritratto di una nazione preda dei conflitti di interessi a qualsiasi livello e a prescindere dagli schieramenti politici d'appartenenza, che si bea nei suoi ideali di democrazia che ipocritamente ci propina ed "esporta" (lasciamo perdere come), per preservare alla fine sè stessa ed i gruppi finanziari, i quali come ben si evince dalla pellicola, sono coloro che detengono l'effettivo governo del paese controllando i senatori e avendo la proprietà della stampa e dell'informazione, che scagliano senza remore a pieno regime contro Smith quando cerca di smascherare il progetto della diga, che alla fine serve solo ad arricchire Taylor e non serve a nient'altro. La retorica non manca come da consueto per il regista, però risulta maggiormente accettabile per lo più, perchè alla fine è concentrata nel personaggio di Smith, mentre chi gli sta intorno è risulta disilluso (il personaggio di Jean Arthur), oppure pienamente corrotto e cinico (Paine e Taylor), atteggiamenti negativi contro i quali il protagonsita si batterà in un'epico discorso di autodifesa al senato di durata sproporzionata, per riaffermare i valori americani che nell'aula del senato devono essere difesi per cacciare i Taylor di turno, che grazie ai soldi e all'informazione finiscono per governare loro effettivamente il paese, portando ad un finale che come detto già consocevo, ma non risulta troppo forzato, perchè comunque Capra aveva seminato nel personaggio già i semi lungo la narrazione di un percorso umano, il quale incalzato dalle parole di Smith, finalmente germoglierà del tutto; una battaglia singola è vinta, ma permane l'impressione che per vincere la guerra ci vorrà ben altro, specie perchè ora con Trump, le lobby finanziarie si sono fatte direttamente aleggere alla Casa Bianca. Strepitoso successo ai botteghini, critiche miste, specie da parte di alcuni senatori per il ritratto poco edificante fatto da Capra dell'istituzione che rappresentano, ma riuscì ad ottenere ben 11 nomination agli oscar, senza vincere in alcuna delle categorie principali (era purtroppo l'anno di Via col Vento che fece piazza pulita). Tutto sommato un capolavoro, di un regista forse troppo osannato ed invechciato male alla luce dei tempi cambiati e giustamente inferiore ai suoi colleghi in tale genere come Cukor, Lubitsch, Wilder ed Edwards, però la pellicola indubbiamente condensa i pregi del cinema di Capra, limandone in gran parte i difetti, un piccolo capolavoro sicuramente inferiore all'altra commedia politica per eccellenza del decennio, Ninotchka di Ernst Lubitsch (1939), ma sicuramente superiore al successivo e sopravvalutato La Vita è Meravigliosa (1946). 

 

Jean Arthur, Thomas Mitchell, Jack Carson

Mr. Smith va a Washington (1939): Jean Arthur, Thomas Mitchell, Jack Carson

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