Regia di Gary Ross vedi scheda film
Non giudico negativamente questo film perché vorrebbe fare ostentazione di tematiche elevate, senza averne i mezzi.
Non perché risulta platealmente indirizzato ad una platea di adolescenti, orfani di ben due saghe cinematografiche di successo che si sono “cibate” abbondantemente (seppur a livelli differenti) della più fervida finzione scenografica, ormonale e (in definitiva) narrativa (Harry Potter e Twilight).
Non per via della regia di G.Ross [non si può dire che non si sia impegnato, ma la sua mdp instabile all’inverosimile - alla Greengrass per intenderci - si rivela un v(m)ezzo spesso e (mal)volentieri contundente].
E non perchè un sculettante Lenny Kravitz con l’ombretto biondo non si può proprio vedere.
Il problema di questo “Giochi della Fame” è che si tratta platealmente di un teen movie, eppure brutale nelle intenzioni (ma assai poco a conti fatti) e freddissimo, dalla prima all’ultima inquadratura. Algido distacco e finzione vuoi grossolana (il patetismo della gemente sorellina di Katniss fa male alle coronarie)...
vuoi grottesca (mi si spieghi il senso - anche solo a livello embrionale - del look da “metrosexuals” di tutti gli abitanti di Capitol City) segnano i limiti di una storia ricca di potenzialità e povera di risultati; di un film che parla di spettacolo senza essere "spettacolare" (luthien80); di un’avventura crudele la cui valenza allegorica non sfonda mai la barriera tangibile della mia (provocata) indifferenza.
Ho, difatti, trovato lo stridore fra l’appariscente eccentricità delle maschere che applaudono gaudenti e l’abominio che si accinge a celebrarsi dinnanzi ai loro occhi vagamente disturbante e (comunque) pregiudizievole di qualsivoglia pretesa di coinvolgimento emotivo.
Perché com’è possibile lasciarsi appassionare da una storia che impone una mattanza, da cui si salverà uno/a solo/a (chissà chi?)? Da una storia che attinge da un immaginario futuro, distopico e… irriconoscibile. Lontanissimo da noi e dalle nostre rogne sociali. E descritto pure controvoglia, con trascuratezza, avendo, piuttosto, (molto) riguardo ad una stiracchiatissima love story (da una lato) e ad un survivor reality (dall’altro), nel quale l’unica cosa che conta è la lotta per la sopravvivenza, ma quando sappiamo già tutti che questa è appannaggio di una sola; la monocorde (una ne ha di espressione facciale… e - per quanto gradevole sia - non suscita neanche particolare simpatia) - ma tanto osannata - Jennifer Lawrence.
Una sola la certezza che - senza stupire (proprio in quanto certezza indiscussa del migliore e più convincente, attuale star system) - ruba la scena a tutti gli altri: quel marpione di Stanley Tucci.
Un vero divo! Oggi, ieri… e nel domani (facciamo gli scongiuri!) di Panem (leggasi "Terra").
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