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Hunger Games

Regia di Gary Ross vedi scheda film

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La recensione su Hunger Games

di alan smithee
6 stelle

Hunger Games si presenta al mio fiuto di cine-appassionato tendenzialmente benevolo ma non piacione, e ultimamente alquanto sospettoso, con l'odore stantio del blockbuster preconfezionato per piacere a tutti i palati, o ancor peggio come il primo episodio di un minaccioso serial per adolescenti pruriginosi, di quelli che dalla tremenda Twilight-saga in avanti minacciano sempre piu' spesso ed in modo cosi' invadente i nostri schermi, egemonizzandoli a macchia d'olio ai danni di tutti quei prodotti piu' timidamente autoriali (ed interessanti) che ancora fruiscono di una distribuzione ufficiale.
Poi pero', specialmente nella prima incalzante parte, l'atmosfera post-apocalittica incombente, l'incubo della vittima sacrificale scelta a caso tra i giovani di diversi stranieri come tributo ingiusto ad una vecchia ribellione nata da un legittimo desiderio di liberta', creano nel pubblico un pathos interessante: un misto efficace tra strage degli innocenti ed atmosfera da lager, a cui va aggiunta l'ambientazione quasi post-atomica in cui si trovano a vivere gli abitanti del distretto piu' povero, il numero dodici, ex minatori costretti a vivere di stenti e della sempre piu' rara cacciagione delle foreste dopo che un incidente rovinoso ha ucciso buona parte degli addetti alla miniera e bloccato le estrazioni. Abbiniamo a tutto cio' l'atmosfera barocca e kitch del reality show piu' greve e immorale a cui si possa pensare, che attanaglia al video pressoche' tutta la popolazione quando basterebbe, come suggerisce saggiamente la protagonista, semplicemente evitare di guardarlo per impedire l'annuale strage di giovani innocenti, ed ecco che il film raccoglie su di se' tutte le brutture e le perversioni che la mente umana possa generare, dando vita ad una societa' dell'immagine, della prepotenza, della prevaricazione cosi' inquietantemente simile per certi aspetti ai miti del nostro tempo malato.
Nella seconda parte, dove la sfida tra i candidati prende il sopravvento, il film cede piu' volte il passo ad un buonismo, un sentimentalismo a cui proprio il cinema americano non riesce a rinunciare e che ridimensiona seriamente il risultato complessivo dell'opera: un po' come se il regista Gary Ross, al suo terzo film, avesse girato un primo tempo bello come l'esordio di Pleasantville, e un secondo fiacco come Seabiscuit, la sua opera seconda. Un finale aperto o quantomeno enigmatico preannuncia una imminente saga, visto tra l'altro che il materiale sulla pagina scritta da cui prender spunto pare non manchi. Jennifer Lawrence, occhi selvaggi di cerbiatto in fuga, e' di una bellezza mozzafiato e conferma la sua attitudine marcata a divenire la nuova star degli anni a venire.

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